Il futuro di internet è qui? Cos’è il Web3

Sono stati i social media a inaugurare la nuova visione del mondo del cosiddetto Web 2.0. Ma, come sappiamo, le modifiche al tempo di Internet sono sempre più rapide, e tra sviluppatori, venture capitalist e curiosi si è ormai consolidato il dibattito sulla prossima tappa, il Web3.

“Nel 2009, il numero di dispositivi connessi a Internet superava il numero di persone del pianeta (12.5 miliardi di dispositivi, 6.8 miliardi di persone, o anche 1.84 dispositivi connessi a persona)”. Queste cifre – riportate da Peter H. Diamandis nel suo libro The Future Is Faster Than You Think: How Converging Technologies Are Transforming Business, Industries, and Our Lives – la dicono lunga sulla potenzialità trasformative che ogni nuova tecnologia in ambito Internet può avere sull’umanità intera.

Ecco perché chi parla di Web3 lo fa con una grande aspettativa per gli sviluppi futuri.

Vediamo in cosa consistono queste nuove tecnologie, perché sono così chiacchierate e se ci sono delle controindicazioni già note.

Alla fine forniremo anche un elenco di applicazioni Web3, che funzionano perfettamente e potrebbero aprire uno spiraglio per vedere gli sviluppi futuri.

Cos’è il Web3

Sotto il nome di Web3 possiamo mettere una serie di potenziali sviluppi alle applicazioni decentralizzate – per ora conosciamo solo la tecnologia della blockchain – che hanno in comune caratteristiche non solo di de-centralizzazione, ma anche di maggiore tracciabilità e quindi maggiore sicurezza dei dati e impossibilità di istituire permessi per accedere a del contenuto online.

Vantaggi

Dopo qualche anno di Web 2.0, le sue contraddizioni in termini socio-economici sono sotto gli occhi di molti. Non solo abbiamo diverse sacche di malcontento per come viene gestita la privacy online (e il recente scontro tra Garante della Privacy europeo e Google Analytics è solo la punta dell’iceberg) ma anche il monitoraggio illecito messo in luce dagli scandali internazionali Datagate e Wikileaks. 

Il Web3 invece, in quanto decentralizzato, prevede alcuni vantaggi innegabili.

I dati saranno al contempo sotto gli occhi di tutti, ma con la tutela della privacy e con la trasparenza del registro distribuito.

Con il Web3 spariranno i controlli e le censure centralizzati degli odierni social network, e qualche teorico sostiene che non saranno più necessari permessi e autorizzazioni per accedere in generale ai servizi online. 

Si utilizzeranno più comodamente pagamenti digitali, senza bisogno dell’intermediazione degli istituti di credito, e si potranno commerciare NFT molto più facilmente.

Si tratta comunque di pronostici, più che di reali piani: come già per il Metaverso, anche qui abbiamo qualche applicazione pratica della blockchain, ma le idee su uno scenario imperniato interamente attorno ad essa sono ancora fumose. 

Controindicazioni del Web3

La principale controindicazione di un ipotetico Web basato interamente su blockchain è che ad oggi non abbiamo ancora le risorse sufficienti per supportare tutta la potenza di calcolo che la blockchain richiede. Se ci sono buone possibilità sul versante dei computer quantici, d’altro canto si tratta di risorse molto inquinanti. 

Già oggi il bitcoin mining – altra tecnologia basata sulla blockchain – genera non poche perplessità ambientali.

In più, ci sono delle perplessità sul fatto che l’assenza di controllo centrale sia davvero garanzia di sicurezza: e se come nel Deep Web e nella finanza delle crypto fosse sinonimo di anarchia e potenziale criminalità?

Un’ultima obiezione riguarda la fattibilità e il reale potenziale di questa tecnologia. O meglio: è davvero il futuro? Molti detrattori sostengono che sia solo una moda passeggera, che non ci siano abbastanza sviluppatori blockchain, e che a livello hardware non siamo ancora pronti a reggere l’urto di un Web3 decentralizzato.

In più, c’è chi sostiene che siano prevalentemente i grandi investitori e gli entusiasti di tecnologia a promuovere questa visione del futuro. Ovviamente, non è abbastanza, ma proprio per questo è il caso di guardare alle app che già usano con successo una tecnologia decentralizzata.

5 App che già sono nel Web 3.0

1) Everledger

Everledger è un registro distribuito, nel quale ogni utente è dotato di un record unico e dovrebbe potersi tutelare dalle frodi, in quanto registra i propri acquisti di vino, oro, diamanti  e altri oggetti di valore. Everledger tiene traccia di dove e come un oggetto è stato utilizzato dal momento in cui è stato registrato al momento in cui è uscito dalla catena di fornitura globale. I consumatori possono utilizzare Everledger per salvaguardare i propri acquisti scansionando il bollino con un apposito marchio.

2) Storj

Storj è, come suggerisce il nome, una piattaforma di storage, ovvero di archiviazione. La novità è che si tratta di un’archiviazione decentralizzata e che garantisce una sicurezza in più agli utenti, e al riparo da guasti alla piattaforma. 

La tecnologia utilizzata è quella della blockchain, con le stesse funzionalità del cloud storage, ma in chiave gratuita e open-source.

È anche possibile acquistare delle le funzionalità aggiuntive, azione possibile tramite la moneta Storj. 

Un aspetto molto interessante è che, sebbene si tratti di una tecnologia pionieristica, Dropbox ha già allacciato alcune collaborazioni con Storj.

3) Sapien

Sapien è un sito di notizie alimentato dalla blockchain di Ethereum, personalizzabile dall’utente ma soprattutto privo di un controllo centralizzato. In più, offre strumenti come app e funzionalità basate sulla blockchain; in sostanza, consente agli utenti di interagire e creare nuove comunità online. 

4) Brave Browser 

Tra le potenzialità del Web3 non potevamo non parlare di Brave Browser, la creatura della Mozilla Foudnation: si tratta di un browser che promette di rimuovere gli annunci e rispettare la privacy dell’utente sui dispositivi mobili, cosa prima unicamente possibile da desktop.

Brave Browser è un nuovo browser open source che promette di preservare la privacy degli utenti utilizzando la tecnologia blockchain, oltre a bloccare tracker indesiderati e a operare un continuo anti-cryptojacking. 

Ciò non toglie che un utente possa scegliere di vendere i propri dati. In tal caso, verrà ricompensato in criptovaluta.

5) Ethlance

Concludiamo la nostra rassegna con una piattaforma di impatto più sociale. Ethlance è una piattaforma online basata su tecnologia blockchain e che funziona da portale interinale: i datori di lavoro e le persone in cerca di lavoro entrano nella piattaforma, che si occupa semplicemente di mettere in contatto la domanda con l’offerta. 

Tutti i pagamenti vengono fatti in Ethereum, il che semplifica la connessione con i clienti in tutto il mondo e agevola soprattutto la vita dei freelance, non più costretti a vincoli di valuta.

Conclusione

Possiamo dire che il Web3 sia già almeno parzialmente attorno a noi. Resta da vedere se le sue applicazioni possano costituire una valida e migliore alternativa al Web 2.0, oppure se si tratta di un trend passeggero. Il buon numero di software che si muovono in questa direzione e la crescita del numero di sviluppatori che lavorano in blockchain, oltre alla presenza di sempre più investitori favorevoli, lasciano ben sperare che questo sia davvero l’Internet del futuro.