Una comunità collaborativa di appassionati delle nuove tecnologie: questa era Internet negli anni ‘90. Scenario fiabesco, se lo paragoniamo a oggi, dove tra malware, spyware e phishing, un business non sa più dove avventurarsi per trovare uno spazio sicuro.
Le buone pratiche di cybersecurity aziendale sono una necessaria e logica contromisura.
In buona sostanza, perché la criminalità fiuta il denaro, e lo segue. Sempre più grosse fette di mercato si sono spostate online: dal cloud computing, ai pagamenti elettronici, abbiamo assistito a tutta una serie di innovazioni irrinunciabili per il business, che hanno portato molti più dati strategici e a volte anche sensibili online.
Ciò espone inevitabilmente ad attacchi molto più aggressivi e frequenti.
Così le buone pratiche di cybersecurity aziendale non possono essere un elenco di regole statiche e sempre valide, ma piuttosto un vademecum in continuo aggiornamento.
Dal terremoto alla catastrofe nucleare: l’IT di ogni azienda stila di norma un disaster recovery plan dettagliato, in grado di salvare dati, server e network aziendali in caso di danneggiamento o cancellazione. Ma soprattutto, il DRP deve essere in grado di far riprendere all’azienda il suo normale funzionamento, nel più breve tempo possibile dal disastro.
Il backup è solo una voce del ben più dettagliato Disaster Recovery Plan. In qualche caso - oggi - è fornito dagli stessi provider di cloud computing, come un servizio aggiuntivo.
Può sembrare una banalità, ma compagnie anche di un certo fatturato non prestano ancora la dovuta attenzione alla sicurezza delle proprie password. Tra le buone pratiche di cyber security aziendale non può non comparire qualche indicazione in merito.
La password deve essere alfanumerica e contenere caratteri speciali, e deve essere cambiata ogni 90 giorni. Sono assolutamente da evitare password troppo semplici o prevedibili, ad esempio quelle che contengono date di nascita o che mischiano dati personali (come il nome di un parente o del proprio animale domestico). Questo perché a causa del sempre più frequente fenomeno del "social engineering" un utente malintenzionato potrebbe facilmente ricavare queste informazioni dai vostri account social, e usarle per ricavarne le vostre password.
L'autenticazione a due fattori, invece, garantisce che con la sola password non sia possibile accedere ai vostri account: sarà necessario anche confermare l'accesso tramite una seconda azione. I meccanismi di doppia autenticazione più utilizzati oggi sono i codici "usa e getta" da ricevere sul proprio telefono, ma sono molto utilizzati anche i parametri biometrici (ad esempio, l'impronta digitale). In questo modo, il sistema si assicura che siete proprio voi a richiedere l'accesso, e non qualcuno che si è impossessato della vostra password.
In cybersecurity come in molti altri ambiti, il fuoco amico è un problema serio. Mentre qualche decina d’anni fa si prendevano in considerazione solo le minacce dall’esterno, oggi può essere un dipendente ad aprire la porta al ransomware di turno.
Come si previene un simile rischio? Con procedure ferree, aggiornate e ben spiegate a tutto il personale. Ma soprattutto, con la formazione.
Scegliere software seri è una garanzia per l’adempimento di tutte le misure di sicurezza necessarie a salvare i vostri dati. Per quanto riguarda la sicurezza online, alcune compagnie telefoniche offrono addirittura misure di sicurezza integrate nella rete!
Hai dei dubbi? Affidati al tuo consulente informatico di fiducia e chiedi un parere tecnico, tagliato su misura per la tua azienda.
Le recenti direttive anti-Covid hanno ribadito una verità che già conosciamo a memoria: i business che vogliono stare a galla devono digitalizzarsi sempre più, e sempre meglio.
Tra le tante smaterializzazioni e ottimizzazioni di servizi che vediamo sul mercato, l’intelligenza artificiale per le aziende però conserva ancora un certo fascino fantascientifico. Forse per questo motivo molti imprenditori la guardano con sospetto, in fondo pensando che “già abbiamo un sito, un gestionale di ultima generazione... Una tecnologia così avanzata come l’IA, a che ci serve?”.
In realtà, gli esempi di intelligenza artificiale in azienda sono già molto diffusi, e stanno cominciando a riscuotere i primi successi. Per questo abbiamo raccolto 3 esempi pratici già in uso in diverse imprese italiane, che non richiedono spese enormi né software troppo avanzati.
Dimentica quindi gli scenari da film, perché questi bot non prenderanno possesso del tuo ufficio, del tuo server aziendale, della centralina della tua auto.
O almeno, non ancora.
Questo è uno degli utilizzi più comuni, molto diffuso negli ecommerce, ma non solo. Il chatbot non è altro che un assistente virtuale che contatta il potenziale cliente che è appena entrato nel sito. Come un commesso all’entrata di un punto vendita, sorridente, gentile e mai invadente, il chatbot ti chiede se ti può aiutare.
Oppure, l’assistente compare solo quando il cliente chiede aiuto. Il risparmio di tempo, rispetto all’assistenza umana, è ovviamente notevole.
Per i magazzini e in generale l’artigianato, l’intelligenza artificiale sarà una vera e propria rivoluzione. Si possono addestrare dei bot che calcolino il punto di riordino, le quantità di stock, le locazioni ottimali di magazzino. Si può ridurre l’invenduto prevedendo quanti acquisti verranno effettuati in futuro.
Spesso l’intelligenza artificiale è già integrata con i diversi gestionali già in uso da diverse aziende. Ma anche per chi non usa gestionali, come un forno o una pasticceria, l’IA potrebbe fare la differenza: così ha detto il presidente di AIxIA (Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale) in una recente intervista.
La reportistica è fondamentale per registrare il buon andamento di un’azienda e fare previsioni sul futuro. Già molte aziende usano l’IA per avere indicazioni precise sul proprio stato di salute, analizzando la variabilità degli ordini, le voci che più incidono sul bilancio, gli investimenti che hanno avuto maggior ritorno, e molti altri fattori.
La vera novità dell’Intelligenza Artificiale è la sua incredibile versatilità, perché è basata sull’apprendimento continuo, il machine learning.
Questo principio, in realtà molto semplice, consente di delegare le attività noiose e ripetitive che tradizionalmente vengono svolte dagli esseri umani a una macchina.
Il nuovo Dpcm l’ha confermato: nei prossimi mesi fare business “in presenza” sarà sempre più difficile.
Mentre al lavoro da remoto ormai ci siamo abituati, per certi settori che si sono sempre svolti live, come l’immobiliare o l’arredamento di interni, solo ultimamente si inizia a investire su strategie alternative.
Una tra tutte, la realtà aumentata.
Ma molti imprenditori sottovalutano le potenzialità della realtà aumentata per le aziende: in questo articolo spiegheremo innanzitutto come funziona questa rivoluzionaria tecnologia, e faremo qualche esempio pratico di utilizzo.
Per qualcuno, la realtà aumentata ha davvero fatto la differenza.
Innanzi tutto, che cosa si intende per realtà aumentata?
Dobbiamo fare una distinzione preliminare tra AR (Augmented Reality) e VR (Virtual Reality).
La Ar è, tecnicamente, la vera “realtà aumentata”, e si basa sul sovrapporre delle informazioni digitali alle immagini che l’occhio umano percepisce naturalmente. Quindi, inquadrando una stanza con la fotocamera del telefono, l’AR può mostrarci un determinato oggetto d’arredamento, un elettrodomestico, un sistema di illuminazione.
La AR consente di far vedere come un prodotto che dev’essere venduto o sviluppato si integra nell’ambiente circostante.
È evidente che questa semplice funzionalità apre alla realtà aumentata per le aziende, con applicazioni finora mai viste.
Anche il CEO di Apple, Tim Cook, ha paragonato la realtà aumentata allo smartphone: potenzialità straordinarie, e presto diffusione per tutti.
A dimostrazione di questa ipotesi Lo dimostra anche il caso Snapchat, il social network che è diventato uno dei più popolari sul mercato in pochi anni, grazie ai suoi filtri basati su tecnologia AR.
La tecnologia della virtual reality invece consente di costruisce la realtà da zero.
L’utilizzatore finale ha uno schermo o un visore 3D (come nell’AR), e su questi dispositivi si può farsi un giro in uno scenario creato ad hoc.
È evidente come il real estate abbia saccheggiato a piene mani dalla virtual reality negli ultimi anni. Il tour virtuale delle proprietà, anche quando non sono state ancora costruite, annulla le distanze con il potenziale cliente, e consente un’esperienza immersiva, anche migliore di quella “reale”.
Ma le applicazioni di AR e VR vanno ben oltre.
Immagina di essere un’azienda che realizza interventi negli esercizi commerciali. Di qualsiasi tipo siano, il vostro venditore va nel negozio, e con la fotocamera del tablet inquadra le pareti, il soffitto, il pavimento. Sullo schermo del tablet, il cliente visualizza il risultato finale di quell’intervento, calato nel suo ambiente.
Oppure, pensa all’assistenza tecnica da remoto. Pensa, invece delle solite telefonate del tecnico, di poter mostrare al cliente in 3D qual è il pezzo di cui state parlando. Oppure, pensa a un manuale intero in realtà aumentata. Un investimento iniziale, per tagliare poi i costi di gestione in modo drastico.
Pizero Design offre queste soluzioni per le aziende, ma è pronta a ascoltare la tua idea, e a lavorare per un prodotto che risponda alle esigenze e al budget della tua azienda.
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Il miglior concept, il miglior prodotto, non sono niente senza un’adeguata visibilità.
Puoi aver avuto la migliore idea possibile, puoi aver brevettato un prodotto di cui tutta Italia aveva realmente bisogno, puoi avere il rapporto qualità/prezzo più concorrenziale del mercato.
Servirà a poco, se i clienti non ne vengono a conoscenza.
Questo è il motivo principale per cui i corsi e i manuali sulla SEO stanno spuntando come funghi! La Search Engine Optimization (SEO) è un Sacro Graal per chi ha un e-commerce, da abbinare con un costate monitoraggio dell'utenza online attraverso adeguati strumenti di Analytics (se vuoi approfondire leggi questo articolo).
Innanzi tutto, la Search Engine Optimization è l’ottimizzazione di un testo o di una pagina per i motori di ricerca.
Facciamo un esempio: la tua azienda esegue sanificazioni nella provincia di Roma. Ci sono decine di aziende concorrenti, ma tu vorresti che chiunque cerca su Google “interventi di sanificazione Roma” trovi proprio te, come primo risultato di ricerca.
Non è un sogno irrealizzabile!
Dietro ogni motore di ricerca c’è un algoritmo, che seleziona i risultati "rilevanti" per l'utente. Conoscendo a grandi linee questo algoritmo, gli esperti di comunicazione e Web sanno cosa "piace" ai motori di ricerca.
Insomma, se saprai applicare le leggi della SEO potrai "suggerire" ai motori di ricerca che la tua azienda di sanificazione fa parte di questi risultati rilevanti.
Immagina la reputazione che ti crei, per Google, investendo su pagine e pagine di contenuto di qualità.
Se al tuo e-commerce abbini un blog, che parla in modo serio e interessante del prodotto che vendi e di tematiche correlate, realizzerai una vera e propria impennata di visitatori per il tuo sito.
Il sito Bimbiepance.it è un ottimo esempio di come l’uso delle leggi della SEO possa far esplodere il traffico.
Bimbiepance.it è un e-commerce di prodotti pre-maman e per la prima infanzia. Inizialmente, avevano i prodotti, avevano il sito ottimizzato SEO, e un e-commerce funzionante.
Mancava solo una cosa: i clienti.
Cosa hanno fatto a questo punto? Hanno scelto innanzi tutto delle keyword efficaci, che riguardassero il loro target di utenti.
Poi, hanno creato delle schede prodotto con lunghe descrizioni ottimizzate SEO. Infine, hanno creato un blog con scrittura di articoli in ottica SEO, di contenuto rilevante e interessante per tutti gli utenti interessati a fare regali pre-maman o per la prima infanzia.
Le visite sul sito sono passate da poche decine a una media di 7000 impressioni al giorno. In un anno.
Se non basta fare un e-commerce e buttarlo lì per avere dei visitatori, non basta più nemmeno avere un bel design e una landing page ottimizzata.
Devi crearti una storia, una reputazione, scrivendo contenuto testuale che mostri ai motori di ricerca che vale la pena promuoverti.
Ma soprattutto, la scrittura di articoli in ottica SEO deve avvenire regolarmente.
È un lavoro che puoi svolgere in modo autonomo, attenzione però a mantenersi in costante aggiornamento sulle modifiche dell'algoritmo di cui abbiamo parlato sopra.
Di norma è decisamente più efficace e affidabile rivolgersi a dei professionisti della comunicazione Web.
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Chiedere a uno sviluppatore “Quanto costa creare un'app” è un po’ come entrare in una concessionaria d’auto e chiedere quanto costa un’auto. Eppure, si possono avere prezzi certi e tempistiche certe, a patto di conoscere in anticipo alcune caratteristiche che vorrai dare alla tua app.
Se andrai da una software house solo con una domanda sul costo, la risposta non può che essere “dipende”. Pensaci: comprare una Lamborghini non è come comprare una Panda base di seconda mano, immatricolata nel 1993.
Così come una station wagon non è una city car. Ma, se in questi casi le differenze di prodotto sono più conosciute del grande pubblico, cosa devi comunicare alla tua software house perché possano darti chiaramente il costo di un'app?
Il costo per la realizzazione app è come ogni altro servizio. Bisogna considerare le ore che gli sviluppatori impiegano per sviluppare, la formazione che questo comporta, ma anche il prestigio della software house e la qualità del prodotto finale.
Conoscendo questi fattori è possibile risparmiare molto sul risultato finale, senza penalizzare la qualità. Certo, su alcuni aspetti è impossibile tagliare: un'app per la gestione di un ristorante non sarà mai come un'app di gestione clienti per e-commerce, giusto per fare due esempi comuni, di diversa complessità.
Vediamo le voci di costo per un'app.
Come già anticipato, bisogna capire le funzioni che ti servono. Devi creare un’app per la gestione di magazzino? Un sistema di gestione delle offerte per i clienti?
Oppure un’app che faciliti il pagamento dei tuoi prodotti o servizi?
In più, devi decidere se vuoi creare un’app nativa o ibrida, e se la vuoi distribuire su Android o iOS, o entrambe. Un’app nativa sia per Android sia per iOS avrà bisogno di un tempo di sviluppo doppio.
Facciamo qualche esempio: nella tua app e-commerce potrebbe essere indispensabile un chatbot in italiano, per comunicare al cliente direttamente le informazioni sull’acquisto. Oppure, potresti volere un'app multi-piattaforma e di facile integrazione con i software che hai già.
Di sicuro vorrai una app perfettamente responsive, che funziona bene su tablet e smartphone, oppure che funziona via Internet...
Tutti questi aspetti sono fondamentali per qualcuno, mentre altri preferiscono tralasciarli. Ma richiedono più ore di lavoro allo sviluppatore, quindi il costo sviluppo app aumenta.
Immagina quanto costa creare un design nuovo per l'app, all’ultima moda e di immediata tendenza. Le auto di lusso non si azzardano a tagliare su questo costo: è una questione di brand!
Allo stesso modo, diverse aziende non tagliano sul costo di design, e lasciano carta bianca alla software house per realizzare un prodotto di tendenza. Altri invece, in nome di un taglio dei costi di di realizzazione dell'app, optano per un prodotto gradevole, anche se economico.
Intendiamoci: esistono app estremamente funzionali che hanno tagliato sul design, concentrandosi piuttosto sui costi del punto 1 (tipo di app) e del punto 2 (eventuali funzionalità extra).
Però, un design UX/UI, che indovini esattamente le esigenze dello user, e lo spinga gentilmente all’acquisto o alla fidelizzazione sarebbe molto meglio... no? Il design su misura è, ovviamente, una spesa in più.
Può capitare di iniziare un progetto con un'azienda di sviluppo app, ma poi a metà strada ci si rende conto che servono delle modifiche. Capita molto spesso allo sviluppatore di dover aggiungere, rimpastare, riscrivere tutto da capo.
È del tutto legittimo cambiare idea, ma tutto ciò va a influire sul costo di sviluppo app.
È fondamentale cercare di avere un progetto chiaro in mente, fin dall’inizio!
Una software house davvero attenta ai bisogni dei clienti sarà in grado di darti consigli per come migliorare il progetto fin dall'inizio, senza dover rimettere mano ai dettagli alla fine del processo.
Solo così risparmierai sul costo dell'app finale!
Anche l’app, per allinearsi con le ultime release delle piattaforme e degli store, ha bisogno di costante manutenzione.
Se hai un bug, un rallentamento, ma anche un aggiornamento ordinario, servirà che il supporto dell'azienda che hai scelto sia da te quanto prima.
Ogni business ha le sue specifiche esigenze, però in generale possiamo dire che lo sviluppo di un'app costa dai 2000€ in su.
Se desideri un'app multi-piattaforma, con pagamenti elettronici integrati e altri extra, allora preparati a spendere cifre più importanti.
Però ricorda: non è solo il prezzo che conta! È di gran lunga più importante selezionare professionisti con esperienza, che possono aiutarti con la tua strategia di business, e che seguano con te un progetto.
Dall'inizio alla fine. Quindi, armati di una buona idea, e chiedi il tuo preventivo!
Vuoi saperne di più? Leggi le 5 cose da sapere prima di realizzare un'app!
Le app mobile e il mobile marketing sono una marcia in più per il business, è ormai assodato. Come sempre nella scelta dei propri fornitori sorge la grande domanda: come si capisce cosa è un trend del mercato e cosa è uno strumento davvero valido?
Il dibattito tra app native o app ibride potrebbe sembrare una questione di lana caprina, a chi non è del mestiere. Ma non lo è: innanzi tutto, perché parliamo di enormi differenze di costi. Quindi, ha senso capire quale sia il miglior investimento da fare nel 2020.
Aggiornarsi sulle tendenze tecnologiche è d’obbligo, e questo caso lo dimostra: fino a pochi anni fa la risposta sarebbe stata senza dubbio “app native”!
Ma oggi le app ibride si sono evolute, sono più diffuse, e ha senso prenderle in considerazione.
Prima di capire perché, partiamo con una definizione.
È un tipo di app presente da diversi anni sul mercato. È scritta nello stesso linguaggio di programmazione del sistema operativo del tuo cellulare. Questo la fa comunicare molto bene con le funzioni integrate, come la fotocamera, le impostazioni di posizione, la rotazione dello schermo.
In sostanza, è creata appositamente per una piattaforma, e risponderà all'utilizzatore dello smartphone esattamente come tu vuoi che risponda.
Chi opta per questo tipo di app, deve scriverla per 2 sistemi operativi (Android, iOS), quindi deve creare da capo 2 app, perché servono 2 linguaggi di programmazione diversi.
Si chiama ibrida perché è a metà strada tra una app nativa e una Web app. Senza dilungarsi in considerazioni tecniche: l’app ibrida comunica con tutti i sistemi operativi, grazie a un “involucro” di app nativa.
Dentro l'involucro, però, sono scritte in un linguaggio che consente alle app ibride di comunicare direttamente con il Web. Da qui attingono tutte le informazioni aggiornate che servono loro per funzionare.
Un esempio di app ibride? Le app di home banking, di shopping, ma anche quelle di social network, che devono costantemente nutrirsi di dati online.
La differenza operativa è che le app ibride si scrivono una sola volta per tutte le piattaforme (multi-platform). L'involucro di app nativa però consente loro di accedere alla fotocamera e alle impostazioni di posizione senza troppi problemi, a differenza delle Web app, oggi in netto calo.
Però, se vogliamo essere precisi, le performance non sono proprio uguali a quelle dell'app nativa.
Come abbiamo già accennato, c'è una grande differenza di costo tra i due tipi di app: chi vuole un'app nativa per iOS e Android, avrà due sviluppatori al lavoro in simultanea. Se le tempistiche sono le stesse, quindi, i costi raddoppiano.
Poi, c'è il discorso della manutenzione periodica. Le app sono macchine, devono essere tenute in funzione, aggiornate, protette dai malintenzionati. Anche la manutenzione software è più economica per le app ibride.
Avere un'attività costa, senza ombra di dubbio. Forse per questo abbiamo sotto gli occhi una tendenza, da parte delle aziende, a privilegiare le app ibride.
Però, resta che per qualcuno le performance sono fondamentali. Chi utilizza lo smartphone si spazientisce immediatamente per una schermata che carica in più di 3 secondi, per uno schermo che non ruota, per un touch lievemente impreciso. Il rischio è che l'utilizzatore finale si "stanchi" e disinstalli l'app.
Quindi, se non vuoi sacrificare le performance, pur avendo un design UX responsive al massimo, probabilmente una app nativa è più adatta alle tue esigenze.
Noi di Pizero Design forniamo entrambe le soluzioni, e siamo in grado di valutare quale sia la scelta migliore per la vostra attività.
Contattaci per avere tutte le informazioni che ti servono per la tua app!
In generale, vale il principio secondo il quale non c'è una ricetta per tutti i business. Ogni caso è a sé.
In un’epoca data driven come quella in cui viviamo, una strategia e-commerce per migliorare le vendite online deve partire da una corretta analisi dei dati.
Di tool disponibili e molto validi, ce ne sono a decine.
Ma un libro di ricette scritto in thailandese non può aiutarci a preparare una torta: non basta avere gli analytics, bisogna saperli interpretare.
Molti dei report che vedrai sono organizzati in grafiche accattivanti, ma non ci rivelano quali sono le metriche su cui dobbiamo lavorare per migliorare la nostra presenza online.
Ad esempio, le “persone raggiunte” su Facebook sono un parametro sensato? Sono utili? In ogni caso: corrispondono alle nostre vendite?
Di fronte alle metriche di un e-commerce, le reazioni sono solitamente due:
In entrambi i casi, un consulente digitale può aiutarci a capirne qualcosa in più. Ma innanzi tutto, bisogna fare attenzione a non cadere vittima delle “metriche della vanità”.
Gli esperti di marketing le chiamano così, perché spesso ci solleticano l’ego, ma non hanno un reale potere sulla nostra strategia. Ad esempio? I follower sulla pagina Instagram.
L’illusione è di avere la situazione sotto controllo, anche se poi, magari, le vendite sono scarse.
In generale, l’e-commerce beneficia dagli analytics in due modi principali:
Attenzione: non è sempre uguale al numero di clienti o al numero di follower! Piuttosto, è il numero di utenti che sceglie di fare quello che tu avevi deciso di fargli fare.
Avevi creato la campagna di un aspirapolvere per i Millennial under 30, ma poi Facebook ti ha portato solo donne over 40?
Questo può farti definire meglio il tuo target iniziale. Ma ti dà anche la possibilità di decidere se Facebook è la piattaforma più adatta!
E soprattutto: hai valutato qual è stato il costo di acquisizione, per quei clienti? Ne valeva la pena?
Hai appena creato una splendida linea di prodotti nuovi. Ma, chissà perché, non ingrana (tasso di conversione basso).
Gli analytics possono dirti, innanzitutto, se i clienti hanno visto e sfogliato i prodotti. Erano clienti fidelizzati o clienti nuovi? Quanto tempo sono rimasti sulla pagina del catalogo? Sono arrivati a consultare il prezzo?
È fondamentale capire a che punto dell’acquisto il cliente si è fermato.
Era nella versione mobile, e si è fermato solo all’atto del pagamento?
Puoi valutare se inserire modalità di pagamento mobile friendly, migliorando la user experience.
Le possibilità sono infinite, per chi impara a leggere davvero gli analytics. Si può decidere ad esempio quando è il momento di mandare una newsletter buy again ai vecchi clienti, o un “ti potrebbe interessare anche”.
Si possono valutare le nuove linee, o creare dei bundle di prodotti.
I dati sono la ricetta perfetta per il successo di un e-commerce. Per questo, è fondamentale saperli tradurre.
Buono a Pranzo!
Riapre la scuola, e in tutta Italia i genitori ricominciano a fare i conti con mille impegni correlati: l’autobus da prendere, le mascherine da comprare, i libri, le raccomandazioni sul Covid-19, la mensa...
È proprio di quest’ultima novità che vorremmo parlare. Alcune scuole di Lucca infatti, hanno deciso di ottimizzare il servizio mensa e sono passate alla mensa digitale.
Grazie alla collaborazione tra Pizero Design e Ci & Di Food è partita dall’anno scolastico 2020-2021 la sperimentazione di "Buono a Pranzo", un'innovativa App per la ristorazione scolastica.
Il servizio, disponibile per le scuole che aderiscono all’iniziativa, ha l’obiettivo di rendere più rapida, sana ed efficiente la mensa scolastica.
In un modo molto semplice: rendendo quasi tutto digitale.
Grazie all’app Buono a Pranzo i genitori possono fare tutte queste cose con un semplice clic:
L’app è interamente automatizzata, e invia ogni mattina le presenze al servizio mensa. Risultato? Mentre prima le presenze venivano comunicate ogni mattina all’insegnante di riferimento, che poi comunicava in mensa, ora il processo è ottimizzato.
Gli insegnanti possono dedicarsi al loro lavoro, si sveltiscono i tempi, e soprattutto si evitano gli sprechi di cibo.
E in caso di più figli iscritti a scuola, l’app consente di gestirli tutti comodamente. Basta registrarli.
Uno dei vantaggi del digitale è anche la comodità del pagamento: sull’app si può ricaricare il proprio credito tramite bonifico bancario o Paypal.
Il costo di ogni pasto viene automaticamente scalato dal credito disponibile. Tranne, ovviamente, quando viene comunicata l’assenza del bimbo da scuola.
In più, lo storico dei pasti serviti è visibile dall’app, quindi niente sorprese nei pagamenti a fine mese!
L’app Buono a Pranzo è disponibile come app iOS e Android, ma anche come Web App utilizzabile da qualunque browser.
L'emergenza che stiamo vivendo in queste settimane a causa del coronavirus costituisce anche un problema economico e di produttività. Il "lockdown" imposto dal governo, nel nostro paese come all'estero, ha portato in modo eclatante alla ribalta la tematica dello Smart Working. Noi di Pizero Design abbiamo fatto dello Smart Working una bandiera fin dall'inizio della nostra attività - lavorando ogni giorno, fin dal 2013, da remoto con sviluppatori in ogni parte del mondo. Quindi è possibile fare smart working in modo efficiente e a costo zero (o quasi)? Tutto dipende dalle esigenze e dalla dimensione aziendale. Nel caso di piccoli team la risposta è sicuramente si. Quindi qui di seguito vi elenco i trucchi e le App per smart working che ci hanno reso la vita decisamente più semplice:
La prima difficoltà che si incontra per fare Smart working è anche la più difficile da superare, se non si è preparati: Come accedo ai file aziendali? Come posso permettere ai miei dipendenti di lavorare da casa, senza computer? La risposta è abbastanza ovvia: adottare una politica BYOD (Bring your own device), ovvero permettere ai dipendenti di lavorare con il proprio pc, anche in tempi "normali". La questione non è banale, e si porta dietro tutta una serie di problematiche legate alla sicurezza.
Una soluzione alternativa, per chi non può o non vuole far lavorare i dipendenti con il proprio pc, è di privilegiare per la propria azienda l'acquisto di laptop. A meno che non siate montatori video, o che lavoriate con software che necessitano di molta potenza, i computer fissi sono generalmente da evitare, benché più comodi per l'uso in ufficio. Ma oggi è possibile trasformare facilmente un computer portatile in un fisso, collegandolo a una docking station che a sua volta consente di usarlo con un Monitor esterno, tastiera e mouse, disponendo anche di porte aggiuntive. In questo modo si ottiene una vera workstation da ufficio mantenendo la portabilità: in caso di necessità il laptop più essere staccato e portato ovunque. Non a caso praticamente tutti gli informatici lavorano con un computer portatile: volete mettere la soddisfazione di lavorare anche in vacanza?
Uno strumento essenziale per ogni tipo di impresa è oggi rappresentato dai software che sincronizzano i file di lavoro con il cloud: Dropbox, Google Drive, OneDrive sono tutte scelte commerciali valide, che non staremo a discutere oggi. Con un servizio cloud è possibile accedere ai file di lavoro anche da casa, in alcuni casi ottenendo anche la possibilità di condividere e modificare documenti e di inviare link sicuri a terzi che non fanno parte della rete aziendale.
Se avete necessità di sincronizzare una grande mole di dati su vari dispositivi ma vi scoccia pagare una licenza mensile per ogni account il nostro consiglio è di usare NextCloud: un software open source che si installa su un server proprietario e che permette la sincronizzazione dei file senza limiti su Windows, Mac, iOS e Android. Noi lo usiamo con soddisfazione da anni, e con pochi euro al mese abbiamo il nostro cloud privato da 400GB, mantenendo il pieno controllo sui dati e con account illimitati!
Come portare avanti un progetto che richiede lavoro di squadra, senza poter interagire "live"? Ci sono diverse app che promettono di aiutarti a farlo. Anche in questo caso, negli anni, ne abbiamo provate di tutti i tipi, partendo dalle soluzioni più semplici fino ad arrivare a prodotti complessi (e costosi), per poi scoprire che la maggior parte delle funzioni offerte non erano utilizzabili, perché scomode, o semplicemente non necessarie. L'unica app gratuita che a distanza di anni continuiamo ad utilizzare è Trello, un tool gratuito estremamente semplice e flessibile, che permette di organizzare il lavoro in bacheche virtuali, liste e schede, un po' come avere le lavagne su cui si attaccano i post-it, ma molto più potente. In ogni scheda si possono creare dei promemoria, caricare file e impostare delle checklist. Le schede possono essere "assegnate" a uno o più membri del team. Quando una scheda viene assegnata a un membro del team, questo riceve una notifica. Quando le attività sono state eseguite, il project manager controlla che le direttive siano state seguite e poi la scheda può essere spostata, archiviata o cancellata. Rilasciata nel 2011, Trello è sempre rimasta gratuita e include una versione web e ottime app per iOS e Android. Senz'altro un'ottima scelta per un team piccolo che non ha bisogno di funzioni particolarmente complesse.
Un altro ottimo tool è Asana. Pur condividendo con Trello alcuni concetti base, Asana è un software molto più complesso, con funzioni estese pensate per rispondere alle esigenze di aziende di dimensioni e complessità maggiori: tra le feature di spicco una funzione calendario (utile ad esempio per chi deve pianificare una linea editoriale), la gestione di team remoti, le deadline di progetto, e molto altro ancora. Bello, sì, ma quanto costa ? La risposta è... dipende. C'è un piano gratuito con funzioni limitate, mentre i piani più interessanti hanno un costo che varia tra gli 11 e i 25 euro al mese per ogni utente.
Whatsapp è senza dubbio una grande invenzione, che ha rivoluzionato prima il modo di messaggiare con parenti e amici, ma che sta profondamente cambiando anche la vita professionale. Purtroppo spesso non è semplice separare le due cose, con il rischio di ritrovarsi attaccati al cellulare in orario di lavoro, o viceversa ricevere messaggi "indesiderati" anche fuori dall'ufficio. Per questo abbiamo iniziato a usare, qualche mese fa, Slack, che è molto più di un'app di messaggistica: in pratica una fusione tra Whatsapp e Twitter, in quanto permette di interagire e comunicare con messaggi in tempo reale, ma anche creare canali condivisi da più utenti utilizzando gli hashtag, effettuare "mentions" e allegare file, il tutto utilizzando l'interfaccia web del browser, oppure una delle app disponibili per Windows, Mac, iOS o Android. Anche nel caso di Slack è previsto un piano gratuito, con un limite di 10.000 messaggi conservati in archivio (oltre i 10 mila messaggi quelli più vecchi vanno persi). Come nel caso di Asana, anche Slack offre numerose integrazioni con altri prodotti al fine di espanderne ancora di più le funzionalità. I piani a pagamento, invece, partono da poco più di 6 euro al mese.
Quel che abbiamo detto sopra riguardo a Whatsapp ovviamente non riguarda i clienti: visto che oggi le comunicazioni di mezzo mondo passano da lì, sarebbe un errore non dare la possibilità a un potenziale cliente di contattarci tramite un servizio con cui sono a loro agio. Come fare però a dividere vita privata e professionale? Perché il rischio, in questo caso, è trovarci a dover rispondere a richieste di ogni tipo in qualunque momento, giorno o notte, settimana o weekend! Beh, per questo le soluzioni sono due: o ci si procura un cellulare aziendale, oppure semplicemente si installa Whatsapp for Business.
Whatsapp for business è una versione speciale della app di Whatsapp, che permette però di registrarsi anche con un numero fisso. In questo modo potrete registrarvi usando il numero di telefono del vostro negozio, del centralino o dell'ufficio, e gestire i messaggi in modo estremamente comodo da pc (usando Whatsapp Web) o direttamente dal cellulare, usando la App dedicata. Per completare la soluzione Whatsapp per la vostra azienda, vi suggeriamo anche di installare un Widget "inviaci un messaggio" sul vostro sito web, come quello che abbiamo noi. In questo modo i clienti che usano uno smartphone potranno scrivervi direttamente premendo un pulsante in modo semplice e veloce. Che sia arrivato il momento di mandare in pensione i form di contatto? (accidenti allo spam!).
Ammettiamolo, le riunioni sono spesso noiose. A volte necessarie, molto più spesso superflue e volte infinitamente lunghe! Quando c'è bisogno di confrontarsi in modo diretto e immediato, però, le app di messaggistica non bastano più. A volte c'è bisogno di parlarsi, vedersi, e magari condividere uno schermo. Per fare queste cose, oggi, ci sono tante, tantissime app. Ecco alcune delle scelte più popolari:
Hangouts Meet è la versione Premium di Hangouts, ed è stata resa gratuita da Google a seguito dell'epidemia di COVID-19, al fine di facilitare il lavoro da remoto. Meet permette di fare meeting fino a 100 partecipanti (10 con video), e si integra perfettamente con gli altri prodotti di Google, da Calendar a Gmail.
Altra ottima soluzione free (anzi, freemium) è Zoom meeting, una app molto completa che promette meeting fino a 100 partecipanti con audio cristallino e video in HD. PC magazine ha definito le performance di Zoom "stellari", quindi probabilmente vale la pena dargli un'occhiata. Come ho scritto poco fa, la app utilizza un modello freemium, quindi è possibile utilizzarla gratuitamente ma con alcuni limiti (il più importante è la durata dei meeting di gruppo, massimo 40 minuti - ma noi questa non la consideriamo una limitazione, ma una feature 😂),
Tra le alternative a pagamento, invece, spicca Join.me, un sistema di video meeting semplice e immediata. Non richiede di scaricare un software - l'organizzatore crea la riunione e invia un link di invito, mentre agli ospiti basta fare click sul link per partecipare alla sessione. Ci si può parlare in tempo reale, scrivere messaggi, e l'organizzatore può condividere lo schermo.
La nostra scelta, per necessità, ricade ancora spesso su Skype: è un'app essenziale, funziona, ma soprattutto la conoscono tutti. Ci vuole più tempo, a volte, a dire al cliente "guarda, c'è questa altra app che secondo noi funziona meglio, è più moderna, e non richiede di scaricare niente" piuttosto che dire "Ok, aggiungici pure: skype id pizerodesign"
Una delle sfide più grandi per chi gestisce lavoratori da remoto è assicurarsi che la persona stia effettivamente lavorando. Certo una pausa caffè non la si nega a nessuno, ma è innegabile che il lavoro da remoto potrebbe prestarsi a possibili abusi, specie quando i collaboratori vengono retribuiti in base alle ore effettive di lavoro, modalità estremamente diffusa all'estero (in italia no, chissà perché...)
Ironia a parte, soluzione valida e completamente gratuita è quella offerta da Top Tracker, una app disponibile sia sul browser sia come standalone app per Mac e Windows il cui funzionamento è molto semplice ed efficace: il project manager crea un progetto e invita uno o più membri del team, i quali attiveranno le funzioni di "tracking" ogni volta che iniziano a lavorare. Il software provvede quindi, a intervalli predefiniti, a controllare l'attività del lavoratore, acquisendo screenshot dallo schermo e monitorando l'attività di mouse e tastiera, pur nel rispetto della privacy del lavoratore (ad esempio, lo screenshot di una finestra "estranea" a quella di lavoro viene oscurata, e non registra il testo digitato da tastiera). Se l'attività viene sospesa (ad esempio perché il lavoratore è in pausa) il software mette in pausa il timer e riprende solo quando l'attività ricomincia. Al termine di ogni sessione la app elabora un report completo che può essere analizzato dal project manager, e provvede a calcolare con esattezza il tempo effettivo di lavoro e il compenso dovuto.
Oltre alle varie App elencate in questo articolo esistono anche delle Suite, ovvero dei software "tutto in uno"; si tratta in genere di soluzioni a pagamento che promettono cioè di sostituire l'intero ufficio con una soluzione software. Sono valide? valgono il prezzo? Non avendole provate non possiamo esprimerci: ma la buona notizia è che alcune di queste soluzioni sono disponibili in questo momento gratuitamente. Il Governo italiano ha infatti predisposto un sito web (Solidarietà Digitale) che contiene decine di offerte "gratuite" da parte di aziende italiane, per aiutare le imprese in difficoltà a il momento di crisi. Tra queste ci sono anche diverse soluzioni per lo Smart Working. Il nostro consiglio? Approfittatene, verificate però le condizioni, e soprattutto occhio ai costi una volta finito il periodo promozionale.
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E' stato pubblicato oggi sul sito del MISE - Ministero dello Sviluppo Economico - l'elenco dei manager che hanno una comprovata esperienza in materia di innovazione.
Se iscritte le società di consulenza possono fornire servizi alle imprese tramite il loro Innovation Manager in ambito Big Data, Cloud computing, Internet of Things, Marketing digitale e molto altro.
Per fare un esempio, ricadono in questo ambito tutti i progetti che prevedono di introdurre un sistema di analisi dei dati aziendali (big data), la digitalizzazione dei dati e delle infrastrutture utilizzando il cloud, l'installazione di sistemi di sicurezza avanzata e il controllo di dispositivi, macchine e sensori - industriali e non - tramite app o da remoto. Ma anche progetti di innovazione e ristrutturazione aziendale in chiave digitale.
L'aspetto più interessante di tutto questo è la possibilità di richiedere un voucher fino a 40.000 euro per le imprese che richiederanno l'intervento di un Innovation Manager qualificato, ottenendo un rimborso fino al 50% delle spese sostenute.
Pizero Design potrà quindi fornire servizi di consulenza utilizzando il voucher innovazione, tramite il suo Ammistratore Unico - Michele Cerreta, con 10 anni di esperienza in innovazione tecnologica e iscritto all'elenco degli Innovation Manager del Mise (qui il documento ufficiale)
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