Sono ormai noti i benefici in termini di costi e tempi, ma ci si dimentica sempre di parlare di una cosa: qual è il costo di un software gestionale?
È evidente che soprattutto in questo periodo pandemico in cui la razionalizzazione costi diventa una priorità, sempre più aziende si chiedono come si possono abbassare i costi di un gestionale senza rinunciare alla qualità, all'efficienza e alla personalizzazione.
Ci sono alcune strategie, alcune più tecniche che riguardano la tipologia del software gestionale, altre più orientate al Project Management e alla gestione interna aziendale.
Vuoi avere una visione d’insieme e capire come abbassare in modo pratico il costo di un software gestionale?
Allora prosegui nella lettura!
È un problema spesso sottovalutato, ma ancora si vedono anche in aziende medio-grandi dei gestionali ottimi che non hanno fatto minimamente cambiare le procedure aziendali.
Un esempio pratico? Prendiamo l’impiegato che usa SAP o Infor tutto il giorno, e poi tiene nella cartella condivisa nel server aziendale un foglio Excel compilato manualmente con l’anagrafica del cliente.
Bisogna entrare nell'ottica di idee che quando l'azienda acquista e implementa un software gestionale, tutti i processi dell'organizzazione aziendale devono modificarsi di conseguenza.
Altrimenti si rischia paradossalmente di aumentare i tempi di gestione, e quindi anche il costo per l’azienda.
Le procedure aziendali possono essere ben definite, il software perfettamente funzionante e personalizzato, ma qualcuno si è occupato di formare i dipendenti?
Questo problema è incredibilmente comune dal più piccolo e-commerce alla srl più strutturata. Non solo all'interno dell'azienda è opportuno standardizzare il passaggio di conoscenze costante tra i dipendenti. Oltre a questo, bisogna anche preferire per lo sviluppo software una software house che spieghi il corretto funzionamento del gestionale alla persona che ne sarà incaricata in azienda, e lo comprenda nel costo di sviluppo.
Usciamo ora dalle considerazioni sull’organico aziendale e parliamo di un problema spesso trascurato: razionalizzare i consulenti per il proprio software gestionale. È un problema più comune per chi ha business più piccoli, dove ad esempio un consulente si occupa della creazione di un mini-gestionale di magazzino, un altro ancora della creazione del nuovo e-commerce, un terzo aiuta a implementare i pagamenti elettronici. Magari alla fine il budget è agli sgoccioli e bisogna ricorrere al fai-da-te cercando disperatamente un gestionale per la contabilità gratis.
A volte la visione d'insieme di un consulente digitale aiuta a risparmiare nel costo di un software gestionale, soprattutto se il consulente è in grado di fornire anche altri strumenti integrabili e a garantire la portabilità del gestionale.
La scelta di un solo consulente, inoltre, aumenta la trasparenza e più spesso consente di evitare fregature. Quante volte in azienda i problemi nascono dal fatto che i diversi organi non si parlino? Con un unico consulente digitale, questo non accade.
I vantaggi di realizzare un software in cloud su misura sono senza paragoni. Innanzi tutto, il costo del software gestionale rifletterà solo ed esclusivamente le funzionalità che hai pagato.
Niente rami secchi e funzionalità costose e inutili che rimangono lì, inutilizzate.
In più, un software in cloud è molto più facile da integrare con gli altri servizi digitali che la tua azienda ha già, ed è più facilmente accessibile da diversi tipi di dispositivi.
(Vuoi un esempio pratico? Guarda il progetto di Pizero Design per la mensa digitale, un programma che integra app, gestionale per l’invio ordini al ristoratore e strumenti di pagamento).
Un ultimo fattore da considerare è quello del costo del gestionale open-source. Soprattutto se sei un'associazione o una piccola impresa.
Mai sentito parlare del technology lock-in? Significa che il tuo gestionale è collegato a una specifica tecnologia, a un tipo di dispositivo, oppure a un certo provider di servizi cloud.
Questo non accade se la software house che sceglierai per aiutarti a sviluppare il tuo gestionale si impegnerà apertamente per scegliere strumenti open source, che garantiscano portabilità senza imprigionarti in un lock-in tecnologico.
Inutile dire che il costo di un software gestionale open source si abbassa notevolmente rispetto ai software proprietari.
Prima di operare la tua scelta del gestionale, consulta la pagina di sviluppo software in cloud di Pizero Design.
Ed ora… Buona scelta!
4 milioni di euro per le aziende che si occupano di sviluppo di videogiochi. Questa è l’entità del contributo che lo Stato erogherà nel 2021 per le startup e altre aziende italiane, grazie al Fondo per l'Intrattenimento Digitale (First Playable Fund).
Una novità interessante per tutte le aziende e startup che orbitano attorno alla galassia videogame, che ora per la prima volta possono disporre di un contributo dedicato.
Del fondo di sviluppo videogiochi (First Playable Fund) possono usufruire tutte le aziende che hanno i seguenti requisiti:
Altre restrizioni per l’accesso al Fondo sono disponibili in modo più dettagliato sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico.
Il contributo ammonta al 50% delle spese previste, per un investimento totale superiore ai 20mila euro. Si tratta di cifre significative, soprattutto considerando che è un investimento a fondo perduto e che è il primo contributo di questo genere nel settore videogiochi.
I progetti ammissibili alle agevolazioni sono vincolati a produrre un prototipo di videogioco che sia destinato alla distribuzione commerciale.
Le spese per la produzione del prototipo devono essere:
Non ci sono restrizioni né indicazioni ulteriori per quanto riguarda il tipo di videogioco, quindi spazio alla creatività!
Sarà possibile richiedere il contributo per lo sviluppo di videogiochi dal 31 giugno 2021, da parte di aziende con sede operativa in Italia.
La dotazione iniziale è di 4 milioni di euro e riguarda progetti di diversi tipi di videogiochi - come abbiamo detto - con distribuzione commerciale.
Si potrà presentare domanda dal 30 giugno 2021 alle 12 tramite la piattaforma che verrà lanciata dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico e da Invitalia.
L’invio è da fare esclusivamente la piattaforma, per cui servirà:
Un'occasione abbastanza rara, che già sta riscuotendo molto interesse da parte di chi opera nello sviluppo software.
Anche Pizero Design in passato si è cimentata con lo sviluppo di videogiochi, tra cui ricordiamo i nostri lavori per Need for Speed: Undercover e per Angry Birds.
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Sei una startup a cui interessa il settore videogiochi?
Contatta il team di Pizero Design per farti fare una consulenza su misura e sfruttare il contributo del First Playable Fund.
Oppure sei un'azienda che vuole dare una ventata di novità al suo brand e pensa di sfruttare la gamification?
Allora potrebbe fare al caso tuo il nostro articolo sugli esempi pratici di gamification in azienda.
Per ogni nuova tecnologia arriva il momento di essere regolamentata, ed ora è arrivata la volta dell'intelligenza artificiale. Le ultime notizie che abbiamo sono del 21 Aprile 2021, data storica di presentazione di una proposta di regolamento dell’IA da parte della Commissione Europea.
La proposta è solo all’inizio del suo iter, infatti dovrà essere prima approvata dal Parlamento Europeo, ma intanto possiamo già avere un’idea di come il potere politico europeo stia cercando di normare l’intelligenza artificiale.
Vediamo i punti principali della proposta di regolamento.
La prima domanda che molti perché regolare l'intelligenza artificiale? Innanzitutto va detto che non si tratta di una direttiva, ma più che altro di un regolamento a cui gli stati membri si adegueranno poi.
L'obiettivo di un Regolamento Europeo sull’IA è principalmente tutelare gli utenti da violazioni di diritti umani e altri danni connessi, tra i quali figura l’argomento privacy.
Quindi, questo porrà un limite alle aziende che si occupano di innovazione e IA? È una domanda che si pongono in molti, ma ci sentiamo positivi a riguardo: la volontà dell'Unione è quella di dare una normativa comune, che fornisca un punto di riferimento etico ed eviti all'intelligenza artificiale di sfuggirci di mano.
In più, per adottare il punto di vista dell'azienda, l'utente finale aumenterà il proprio grado di fiducia nei confronti dell’intelligenza artificiale in sé, cosa che avrà ricadute positive sull’azienda.
Il nuovo regolamento si applica a tutte le aziende che producono, importano o distribuiscono tecnologie di intelligenza artificiale in Europa. Ciò significa che se un'azienda importa l’IA prodotta da altri per utilizzarla sul suolo europeo, dovrà sottoporsi alla normativa qui vigente.
L'impatto del regolamento non sarà uguale per tutte le aziende.
Infatti non è la stessa cosa utilizzare un chatbot per il proprio e-commerce e invece utilizzare i dati biometrici di riconoscimento facciale per creare una sorta di “pagella pubblica” dei cittadini, o per la cosiddetta gait recognition.
Per tale motivo ogni azienda dovrà capire in che fascia di rischio si colloca la propria tecnologia IA.
Per le aziende si configurano quattro principali fasce di rischio.
Sono comprese nel rischio basso tutte le aziende che usano l’Intelligenza Artificiale per compiti molto meccanici e poco d’impatto sui diritti dell’utente: ad esempio, i filtri antispam delle mail.
Appartengono alla fascia di rischio limitato i chatbot per gli e-commerce o per l'assistenza clienti on-line. Potrebbe diventare obbligatorio in futuro specificare che si sta parlando con una macchina e non con un essere umano, come anche precisare in un video deepfake che si tratta di un contenuto modificato.
All'interno del rischio alto possono rientrare tutti quei sistemi che processano con l’intelligenza artificiale una grande quantità di dati - anche sensibili e/o personali - e da essi traggono delle conclusioni che impattano direttamente sulla vita delle persone.
Si parla del settore dei trasporti, oppure dell'accesso al lavoro o all'istruzione, ad esempio nella selezione automatica dei curriculum per una posizione lavorativa.
In questa fascia di rischio, l'intelligenza artificiale entra a contatto con i diritti fondamentali dell'essere umano.
Alcune applicazioni dell'intelligenza artificiale manipolano direttamente il comportamento degli utenti. Prendiamo il riconoscimento biometrico in tempo reale applicato al controllo sociale, per citarne uno.
In conclusione, si può dire che con questo regolamento sia stata raggiunta un'altra pietra miliare, dopo il libro bianco sull’intelligenza artificiale e dopo il Gdpr sulla privacy. Probabilmente per qualche anno saremo in attesa dell'approvazione da parte del Parlamento Europeo.
Per capire quali ricadute pratiche avrà il regolamento sulle aziende e startup digitali dovremo aspettare l'adeguamento normativo da parte dello Stato italiano, alla fine dell'iter europeo.
Intanto possiamo farci un'idea sulle applicazioni pratiche dell'intelligenza artificiale per le aziende.
To be continued!
Essere motivati conduce alla realizzazione, in ogni sfera della vita e del business. Da qui deriva il successo della gamification, che ci offre diversi esempi pratici di successo, anche nelle aziende italiane.
Motivare e fidelizzare le persone diventa quindi semplicissimo: basta farle giocare!
Ovviamente, le sfide al budget e i rischi di cadere nella trappola della "novità" sono dietro l'angolo, quindi conviene farsi una chiara idea del mercato prima di intraprendere il viaggio della gamification.
Vediamo alcuni esempi pratici di utilizzo della gamification, dal recruiting al marketing. Ma non solo.
Il significato di gamification è ben raccontato in questo articolo di Forbes: il termine "gamification" viene usato per la prima volta nel 2002 ma rimane piuttosto in ombra fino al 2010.
Il significato è, letteralmente, “rendere un gioco”; come è intuibile, la gamification prevede che alcuni elementi tipici del gioco vengano calati in un contesto diverso, in cui si vuole ottenere una maggiore motivazione.
Se hai visto il primo film Disney di Mary Poppins, ricorderai il momento in cui la magica tata insegna ai bambini a riordinare la propria stanza giocando e cantando. Allo stesso modo, diversi studi di psicologia cognitiva ritengono che la gamification possa coinvolgere l’utente finale e fidelizzarlo di più all’interno di un panorama aziendale.
Abbiamo diversi esempi di aziende che mettono in pratica i principi della gamification. Vediamo quali.
Nella nostra penisola gli esempi di gamification si riducono agli ambiti del recruiting e del marketing, anche se ci sono buone potenzialità per il futuro. In molti casi, la gamification in azienda è coadiuvata da un chatbot in grado di interagire in modo automatico con i clienti, guidandoli attraverso le diverse fasi del gioco.
Principalmente, il futuro candidato viene sottoposto a un quiz o un gioco virtuale, nel quale risponderà alle domande preliminari dei recruiter in merito alle sue esperienze e aspettative, o darà altre informazioni tecniche.
Possiamo anche interpretare come gamification i giochi e eventi di team building che coinvolgono i gruppi di lavoro, i progetti o gli uffici di diverse aziende su suolo italiano.
Anche la formazione, come già accade per l'istruzione, può essere oggetto di gamification.
La gamification nel marketing è ancora un campo da esplorare, che si presta alla fantasia di chi si occupa di rendere unica la comunicazione di un’azienda. Dai quiz agli sconti offerti a chi risolve un indovinello o un labirinto.
La gamification avveniva già offline, ma la sfida è oggi automatizzarla il più possibile.
Ci sono alcuni elementi da tenere però in considerazione perché la gamification sia di successo:
Ti piacerebbe delegare una parte della gamification aziendale? Forse può interessarti il nostro articolo sugli influencer virtuali.
Oppure hai un progetto di gamification che pensi possa essere vincente?
In tal caso, contatta il team tecnologia di Pizero Design!
Come percepiamo la realtà? Domanda filosofica, a cui perlopiù viene da rispondere: grazie ai 5 sensi!
Ecco perché perché negli ultimi anni diverse aziende stanno cercando di rendere la realtà virtuale sempre più immersiva, aggiungendo tecnologie rivoluzionarie ai nostri visori.
Rispetto all’esperienza visiva, l’audio spaziale è molto indietro, e oggi è difficile trovare una realtà virtuale davvero immersiva, da questo punto di vista.
È fondamentale sviluppare la spazialità dell’audio, perché non è la stessa cosa entrare ad esempio in una simulazione di sicurezza e sentire i suoni in stereo tutto intorno a noi, e invece percepire chiaramente il carico aereo che si sta schiantando dietro di noi, o una macchina che si inceppa alla nostra destra.
La spazialità dell’audio è già ben sviluppata da altri dispositivi e messa in atto da molti parchi tematici. Il problema dell’applicazione alla realtà virtuale immersiva è che parliamo di casse ingombranti e difficili da trasportare.
Molto più interessante e con tante sfide in campo è la simulazione dell’olfatto. C’è la FeelReal, un’azienda che sta sviluppando una maschera da mettere sotto il visore VR per sentire ad esempio l’odore dei fiori in primavera, o degli incendi nei boschi.
Ci sono diverse tecniche oggi sul mercato:
Come racconta Robert Stone, direttore delle Human Interface Technologies Team all’Università di Birmingham:
“Ma l'unico problema che abbiamo sempre avuto con i display olfattivi riguarda il meccanismo di consegna. Prendiamo, per esempio, un progetto che abbiamo iniziato per l'esercito britannico. Volevamo ricreare gli odori di un villaggio mediorientale, perché avevamo imparato che quando il personale dell'esercito era di pattuglia, certi odori - o l’assenza di odori - potevano avvisarli che qualcosa stava per succedere. Potevamo sintetizzare gli odori - di cottura, di tabacco, di putrefazione, di carne appesa e così via - e rilasciarli, ma il rumore dei componenti elettromeccanici e pneumatici dell'hardware avvisava gli utenti molto prima degli odori, il che rendeva la simulazione inutile”.
Per il tatto la simulazione di realtà virtuale può diventare immersiva solo se comprende tutte le stimolazioni meccaniche che il tatto naturalmente genera. Abbiamo ad esempio già in commercio la Teslasuit (nessuna connessione con Tesla) che crea tute in grado di far percepite un colpo ricevuto. HaptX, nel frattempo, fa un guanto che serve come una sorta di esoscheletro, fornendo un feedback di forza, simulando ciò che si sente quando si chiudono le mani su un volante o una mela.
Per l’uso domestico, ma anche per la robotica chirurgica, abbiamo già delle basi di movimento elettriche; sono ancora piuttosto costose, ma comunque disponibili.
Anche i simulatori di volo usano già la simulazione del tatto per creare una realtà virtuale immersiva: per anni hanno usato l'idraulica per simulare le sensazioni di movimento e accelerazione da sotto i sedili dei piloti in addestramento.
La simulazione del gusto è al momento la più invasiva: abbiamo il Digital Lollipop, realizzato da Nimesha Ranasinghe alla National University of Singapore, un dispositivo che si mette a diretto contatto della lingua, e stimola direttamente i diversi gusti.
Queste tecniche di stimolazione diretta sono conosciute già dal 1700 (si chiamano "stimolazione galvanica della lingua") e si basano sulla distribuzione geografica degli stimoli sulla lingua. Se si va a disturbare termicamente e elettricamente queste regioni della lingua, si ottiene una diretta risposta del cervello.
Per la stimolazione cerebrale diretta (alla Matrix, per intenderci) forse dovremo ancora aspettare... intanto possiamo stare a vedere come si evolve il mondo dinamico e sempre nuovo della realtà virtuale immersiva.
Ti interessa l’argomento AR/VR? Leggi il nostro articolo sulla realtà aumentata per aziende.
Sono leggeri, sono utili e possono prendersi cura del tuo funnel di vendita H24: i chatbot sono l’ultima frontiera dell'assistenza clienti negli e-commerce, e semplificano la vita a chi ha un negozio online.
Questo, perché svolgono in automatico dei compiti essenziali:
Vediamo come funziona un plugin di live chat automatica, o chatbot, e scopriamo insieme la top 5 di chatbot in italiano per e-commerce.
Il significato di "chatbot" è letteralmente "robot che chatta".
Il chatbot, o plugin di live chat automatica, o app di chat, è un vero e proprio assistente virtuale. Lo puoi integrare al tuo e-commerce e al tuo software gestionale clienti (CRM) in vari modi, il più comune dei quali è attraverso plugin.
“Chat” si riferisce alla sua capacità di interagire con gli utenti umani in un’interfaccia di messaggistica. “Bot” indica che parliamo di una macchina, in grado di automatizzare le risposte.
Il vero tocco di stile del chatbot è dato dall’intelligenza artificiale, che gli conferisce la capacità di parlare proprio come farebbe un commesso in un punto vendita fisico.
L'Intelligenza Artificiale consente a una app di live chat di:
Alle funzioni essenziali, che sono quelle elencate sopra, se ne aggiungono altre che rendono l'app di live chat l'alleato migliore per l’assistenza clienti negli e-commerce.
Ad esempio, i chatbot di buona qualità riescono a fare un concreto nurturing del cliente nelle diverse fasi dell’acquisizione.
La procedura di creazione del chatbot dipende dall'assistente che hai scelto e dalla tua piattaforma e-commerce. In generale, puoi scegliere tra:
Inutile dire che la seconda soluzione è la migliore: un chatbot programmato da te sarà sempre più attento alle specifiche esigenze del tuo shop, mentre con una chat pre-costruita può essere un po' più difficile.
C'è una via di mezzo: i chatbot da costruire con il fai-da-te seguendo alcune procedure automatiche, più semplici rispetto alla programmazione da zero. Ci vuole del tempo, ma questi chatbot sono un'ottima soluzione, e non sono affatto difficili da impostare.
Prima di passare alla nostro top 5 di chatbot in italiano di questo tipo, facciamo qualche brevissima premessa tecnica.
Il tuo e-commerce ha esigenze specifiche, che il chatbot dovrà assecondare. Ad esempio, dovrai tenere in considerazione:
Partiamo con la nostra top 5.
Per chi: per aziende di diverse dimensioni che usano un e-commerce più di nicchia, ma vogliono comunque provare delle funzioni di assistente clienti virtuale a un prezzo contenuto.
Vantaggi principali:
Possibilità di prova gratuita: c’è un piano gratuito per sempre, ma le funzionalità più interessanti sono premium
Compatibile con: moltissime piattaforme e-commerce, anche le meno conosciute.
Per chi: aziende di diverse dimensioni che cercano un assistente clienti virtuale, disposte a spendere per un servizio di ottima qualità.
Vantaggi principali:
Possibilità di prova gratuita: bisogna richiedere direttamente una demo, che viene svolta con gli operatori di Laila in ambiente protetto
Compatibile con: tutte le principali piattaforme e-commerce e CRM
Per chi: per chi ha bisogno di servizi di assistenza clienti per e-commerce o siti web, che sia facilmente scalabile in base al numero di clienti e senza spendere troppo.
Vantaggi principali:
Possibilità di prova gratuita: 14 giorni
Compatibile con: tutte principali piattaforme e-commerce e CRM, oltre ad Analytics e BI
Per chi: per aziende che vogliono un’offerta scalabile da un provider internazionale, oppure che cercano un buon chatbot gratuito
Vantaggi principali:
Possibilità di prova gratuita: Esiste un piano totalmente gratuito, anche se alcune funzioni sono riservate agli abbonamenti premium
Compatibile con: tutte le principali piattaforme e-commerce e CRM.
Per chi: chiedere a una software house o al tuo sviluppatore di fiducia di scriverti un chatbot personalizzato è la soluzione migliore in termini di personalizzazione, scalabilità e costi.
Vantaggi principali:
Possibilità di prova gratuita: prove e test vengono effettuati durante il processo di sviluppo
Compatibile con: tutto ciò che desideri.
Ti interessa l'argomento e-commerce? Allora forse potrebbero interessarti i nostri 5 consigli tecnici per avere un e-commerce di successo!
Abbiamo appena superato un anno disastroso per quanto riguarda gli attacchi hacker alle grosse aziende, e chi ha una VPN aziendale potrebbe aver alzato le antenne.
Dal server Microsoft Exchange messo sotto scacco dagli hacker cinesi al caso degli hacker russi che “bucano” i server dell’azienda di infrastrutture IT SolarWinds, sono molte le storie poco edificanti sul tema della sicurezza dei server aziendali.
Ma la domanda che le aziende si pongono è: basterà una rete VPN aziendale a metterci al sicuro da questi cyber-attacchi?
In parte, sì. Però, un aspetto anche più inquietante dei nuovi cyber-attacchi è che non risparmiano nemmeno i dispositivi che utilizzano la rete privata offerta dalle VPN aziendali.
Come salvarsi, quindi? Vediamolo insieme cercando di distinguere anche in base al tipo di VPN che usa la tua azienda.
Iniziamo dal principio: VPN significa “Virtual Private Network”, ovvero “rete privata virtuale” (quindi, tecnicamente, chiamarla “rete VPN” è un po' ridondante).
È una rete perché i computer che sono connessi a una VPN si comportano come se fossero fisicamente connessi in una rete privata LAN.
In realtà, gli utenti si connettono in remoto dal proprio dispositivo a un server VPN, che fisicamente ospita la rete VPN, il che rende la rete privata uno spazio virtuale e non fisico: materialmente, tutti gli utenti comunicano tra di loro in un ambiente sicuro, ma rimanendo comodamente a casa propria, o in trasferta, o dovunque si voglia.
Il principio base della rete VPN aziendale è quello di connettere il dispositivo dell’utente remoto alla rete virtuale con un tunnel di dati sicuri.
Il tunnel è consentito dalla crittografia: i dati che scambi con la tua rete aziendale vengono crittografati, quindi “avvolti” da uno strato esterno che li rende incomprensibili per chiunque non abbia la chiave per decifrarli.
La gestione della crittografia avviene attraverso un protocollo di sicurezza. I protocolli più comuni sono PPTP, L2TP, SSTP, IKEv2, e OpenVPN.
Le imprese italiane hanno iniziato a interessarsi sempre di più all'applicazione della rete VPN e ai relativi vantaggi in seguito alla pandemia. Una tendenza mondiale, come possiamo verificare dalle statistiche aggiornate del sito Top10VPN.
Al di là dei contesti specifici dei vari Stati del mondo, non è poi così difficile intuire il motivo principale del successo delle VPN: come si poteva garantire a tutti i dispositivi dei dipendenti in smartworking un accesso sicuro e controllato alla rete aziendale?
È stata l’urgenza di lavoro da remoto e di privacy a far sembrare i vantaggi della VPN ghiotti a diverse realtà.
Una VPN aziendale ha dei vantaggi indiscutibili:
Ci sono però, per la VPN come per tutte le tecnologie, dei momenti bui in cui emergono dei rischi.
La società di sicurezza FireEye a maggio 2021 ha rivelato di aver trovato diversi malware che si erano infilati nella VPN Pulse Secure attraverso dei punti vulnerabili del sistema di credenziali. Le vittime erano obiettivi alti, quindi governi, istituti finanziari e responsabili della Difesa.
Gli hacker hanno rubato delle credenziali private, entrando in modo lecito nella VPN aziendale.
Ciò avviene per la natura stessa della rete privata virtuale: una volta entrati è molto difficile essere riconosciuti dal server VPN come una minaccia, perché ci si è comportati in modo formalmente lecito.
Certo, si tratta di target molto alti, però è importante anche per le piccole e medie aziende mantenere alta la guardia, perché l’incremento esponenziale delle VPN aziendali potrebbe portare gli hacker a puntare anche a pesci più piccoli.
La privacy policy aziendale impone che chi ha una VPN oggi debba prestare sempre attenzione ai propri dispositivi e alla gestione delle proprie credenziali personali. Questo consiglio riguarda tutte le buone pratiche di cyber security aziendale, non solo quelle relative alla VPN.
Non è solo - purtroppo - una questione di protocollo di sicurezza utilizzato: le VPN basate sul protocollo IPsec erano considerate più sicure e affidabili, ma a volte risultano difficili da comprendere per gli utenti.
Quindi, con l’esplosione del lavoro da remoto/smartworking e le encessità di privacy aziendale, sempre più VPN sono state costruite su crittografie di uso più semplice, come i single sockets layer e transport layer security. Però, è un campo ancora largamente inesplorato dagli hacker, e per ora le nostre paure sono solo potenziali.
Un modo per “salvarsi” è consultare sempre attentamente le specifiche tecniche della VPN aziendale che si ha, o della VPN che si va ad acquistare.
Scegli oculatamente la tua VPN, anche se oggi sembrano tutte sicure: solo così potrai davvero garantire la sicurezza che questa tecnologia promette, mettendoti al riparo per il futuro prossimo.
La tecnologia del secolo è la blockchain.
Un conto però è affermarlo con convinzione, un conto è capire se davvero ci sono delle applicazioni pratiche della blockchain per la tua azienda o per il tuo negozio.
Come ogni moda tecno-trend, anche la blockchain esercita un grande fascino e dà l’impressione di poter risolvere ogni problema organizzativo e di certificazione. Si parla di rivoluzione nel mondo degli smart contract, di NFT per le rivoluzione dell'arte digitale, di applicazioni dirompenti nella Sanità, come anche nella supply chain e nella logistica...
Cerchiamo però di capire bene come funziona la tecnologia blockchain e se i vantaggi si possono davvero applicare, ma soprattutto se sono applicabili alle aziende di tutte le dimensioni.
Le blockchain sono elenchi di transazioni (i “blocchi”) che vengono collegate tra loro usando la crittografia (definizione di Techopedia.com).
Ogni blocco contiene i dati della transazione e anche la cronologia delle transazioni precedenti.
Un fornitore della tua azienda si accorge che una fattura che gli hai appena mandato è scorretta e te lo segnala; in seguito alla segnalazione e dopo le opportune verifiche, emetti una nota di credito. Alla fine, emetti una nuova fattura, e il fornitore paga la fattura.
Ora, ogni membro del tuo ufficio, e ogni membro dell’ufficio del fornitore potrà vedere in una sorta di libro mastro questo pagamento finale, che apparirà in una forma simile:
1 febbraio-fattura emessa-importo xy/5 febbraio-fattura contestata/7 febbraio-nota di credito e nuova fattura emesse/OGGI pagamento effettuato-importo xyz.
Nell’esempio sopra, quello che hai visto è una stringa di testo nella pagina di un blog.
Nella realtà, i blocchi si presentano in una forma un po’ diversa: sono stringhe alfanumeriche (“hash”) “create” da un algoritmo di crittografia molto complesso e praticamente impenetrabile.
Ultima caratteristica: si può scegliere di far approvare ogni transazione a un certo numero di persone nella rete blockchain (i “nodi”).
I vantaggi della blockchain sono principalmente:
Sulla base di queste caratteristiche e guardando al mercato statunitense - il più avanzato dal punto di vista delle applicazioni della blockchain, abbiamo isolato 3 usi principali di questa tecnologia rivoluzionaria in azienda:
Lo stanno facendo alcune startup e aziende nel settore medico e biomedico, come la londinese Medicalchain e la statunitense Anthem Inc. La necessità di condividere - al sicuro da frodi e hackeraggio - una vasta mole di dati privati è questione all’ordine del giorno, in un mondo aziendale che si fa sempre più cloud-based.
La tecnologia blockchain nasce per Bitcoin, e diverse istituzioni finanziarie la stanno sviluppando per migliorare le transazioni al proprio interno. In questo caso, si tratta di una blockchain privata e non pubblica, quindi non accessibile da chiunque.
Nulla vieta che, con le opportune valutazioni, anche un’azienda di piccole e medie dimensioni possa adottare dei gestionali che includono un sistema di verifica delle transazioni sicuro e garantito dalla blockchain.
Mettendo una supply chain su blockchain, si rendono inconfutabili le transazioni e i pagamenti. Ma anche, si è in grado di risalire alla fornitura di ogni singolo componente di un prodotto finito: questo rende più agile il reperimento della fornitura del singolo pezzo, soprattutto in caso di modifiche nell’organico aziendale, perdita di dati, o problemi con un componente specifico in un prodotto acquistato come finito.
Tutte ottime soluzioni, e non poi così lontane dall'obiettivo più interessante, e cioè i software gestionali per la media impresa: basta capire quali sono le proprie necessità, e valutare se l’investimento vale gli indiscutibili vantaggi che la blockchain offre.
Gli influencer del futuro non saranno più persone vere, ma potranno essere personalità virtuali.
Non è il terzo film di Blade Runner ma una prassi già in uso presso diverse aziende, che delegano a personaggi creati in CGI (computer grafica) e animati dall’intelligenza artificiale il ruolo di "virtual influencer" per il proprio brand.
Ikea Giappone ha di recente affidato a una ragazza dal caschetto rosso la promozione del nuovo negozio a Tokyo.
Si chiama Imma e fa yoga in soggiorni IKEA, taglia le zucchine su taglieri IKEA, ma soprattutto parla e si comporta come una persona reale. Sostanzialmente, è indistinguibile da un influencer in carne ed ossa.
Non è una novità poi così grande per la major svedese, se consideriamo che il 75% di un catalogo IKEA - come rivela l'azienda stessa - è costituito da immagini create in computer grafica.
Ma quindi, l'influencer virtuale è la soluzione definitiva per la promozione aziendale?
È molto importante capire se è un investimento che vale la pena fare. Ma soprattutto: bisogna capire quali aziende possono farlo oggi.
Come gli influencer in carne ed ossa e i testimonial, anche l'influencer virtuale non è per tutte le tasche. Basta guardare chi li usa: si tratta perlopiù di marchi di abbigliamento, come l'italiana YOOX, madrina di una vera e propria modella virtuale - Daisy - creata appositamente per il marchio e che indossa abiti scelti dai clienti.
Sempre nell'alta moda francese abbiamo Balmain, che ha commissionato due Influencer virtuali, Margot e Zhi. Oppure, abbiamo grosse catene di vendita al dettaglio, come la brasiliana Magalu, che ha dato vita alla cordiale Lu Do Magalu.
La giovane virtuale non disdegna interviste con le testate giornalistiche, e conta ora 5.1 milioni di follower su Instagram.
In generale, creare un personaggio da zero ha ancora costi proibitivi per la maggior parte delle aziende, per ora. Per verificarlo si può consultare un elenco completo di influencer virtuali brandizzati a questo link.
C’è però una possibilità alternativa alla creazione da zero: sfruttare degli avatar già celebri costruiti da altri.
Molti influencer virtuali infatti sono la creatura di un collettivo di grafici o fotografi, che popolano poi la loro pagina social di foto e video; solo in seguito i marchi “affittano” l’influencer virtuale per campagne mirate, o interviste con product placement, e simili.
È il caso ad esempio di Imma, di cui parlavamo prima, una ragazza appassionata di moda che posta proprie foto e selfie, ha una forte coscienza civica, esce con gli amici ed ottiene 330mila follower su Instagram. Fa anche video musicali di incredibile realismo su Youtube. Che siano stati questi a valerle il contratto con IKEA?
Sempre su Instagram abbiamo Lil Miquela (3 milioni di follower), che ha collaborato con Prada, Gucci, Calvin Klein, Diesel.
Per affrontare il discorso budget, bisogna partire dal punto di vista tecnologico, e considerare lo sviluppo attuale e la diffusione di computer grafica e intelligenza artificiale a basso costo.
Oggi un numero altissimo di e-commerce è dotato di chatbot in grado di analizzare e processare il linguaggio naturale e rispondere alle richieste di informazioni dei clienti. Questa è intelligenza artificiale, come anche quella degli assistenti virtuali i nostri cellulari e della nostra domotica.
Se per un'azienda è proibitivo creare un proprio assistente virtuale brandizzato, come Alexa, Cortana o Google, non lo è "assumere" un chatbot per il proprio sito.
Altra tecnologia da considerare, la computer grafica 3D, in particolare la CGI (che consiste in immagini generate dal computer). Anche qui, potremmo assistere a una lenta e graduale riduzione dei costi e diffusione di massa, come già sta avvenendo nel cinema.
Presto le software house e agenzie potranno creare l'influencer perfetto per ogni brand. E forse sarà impossibile distinguerlo dalle persone reali.
Una buona notizia per le aziende fiorentine che decidono di digitalizzarsi: la Camera di Commercio di Firenze erogherà i Voucher Digitali I4.0, un contributo a fondo perduto fino a 6mila euro per finanziare un elenco di progetti digitali e di ottimizzazione da realizzarsi nel 2021.
L'elenco dei progetti prevede anche e-commerce, digital marketing, supply chain e tecnologie integrate, e i destinatari sono le micro, piccole e medie imprese.
Vuoi presentare il tuo progetto digitale? Contattaci!
Possono aderire tutte le aziende, a patto di:
Il contributo copre il 70% del progetto presentato, fino al valore di 6000 euro.
ATTENZIONE: si tratta di fondi a esaurimento, quindi è importante presentare la domanda quanto prima.
Verranno finanziate le spese sostenute dal 1° gennaio 2021 fino a 90 giorni dopo l'inserimento nella graduatoria per il contributo.
Tali spese devono riguardare consulenza, formazione o acquisto di beni e servizi relativi a queste tecnologie:
A queste possono aggiungersi, ma non sostituirsi:
Si possono inviare le domande dalle ore 8 del 29.04.2021 alle ore 21 del 14.05.2021, ma conviene inoltrare la domanda quanto prima per evitare l’esaurirsi dei fondi.
I dettagli per l’invio sono sul sito ufficiale della Camera di Commercio di Firenze, a questo link.
Sei un’azienda con sede e/o unità locale a Firenze e vuoi richiedere il contributo?
Pizero Design è Innovation Manager e in quanto tale può inoltrare direttamente la domanda a nome della tua azienda.
Contattaci per elaborare insieme un progetto digitale e preparare la domanda di contributo da 6mila euro.