Sono stati i social media a inaugurare la nuova visione del mondo del cosiddetto Web 2.0. Ma, come sappiamo, le modifiche al tempo di Internet sono sempre più rapide, e tra sviluppatori, venture capitalist e curiosi si è ormai consolidato il dibattito sulla prossima tappa, il Web3.
“Nel 2009, il numero di dispositivi connessi a Internet superava il numero di persone del pianeta (12.5 miliardi di dispositivi, 6.8 miliardi di persone, o anche 1.84 dispositivi connessi a persona)”. Queste cifre - riportate da Peter H. Diamandis nel suo libro The Future Is Faster Than You Think: How Converging Technologies Are Transforming Business, Industries, and Our Lives - la dicono lunga sulla potenzialità trasformative che ogni nuova tecnologia in ambito Internet può avere sull’umanità intera.
Ecco perché chi parla di Web3 lo fa con una grande aspettativa per gli sviluppi futuri.
Vediamo in cosa consistono queste nuove tecnologie, perché sono così chiacchierate e se ci sono delle controindicazioni già note.
Alla fine forniremo anche un elenco di applicazioni Web3, che funzionano perfettamente e potrebbero aprire uno spiraglio per vedere gli sviluppi futuri.
Sotto il nome di Web3 possiamo mettere una serie di potenziali sviluppi alle applicazioni decentralizzate - per ora conosciamo solo la tecnologia della blockchain - che hanno in comune caratteristiche non solo di de-centralizzazione, ma anche di maggiore tracciabilità e quindi maggiore sicurezza dei dati e impossibilità di istituire permessi per accedere a del contenuto online.
Dopo qualche anno di Web 2.0, le sue contraddizioni in termini socio-economici sono sotto gli occhi di molti. Non solo abbiamo diverse sacche di malcontento per come viene gestita la privacy online (e il recente scontro tra Garante della Privacy europeo e Google Analytics è solo la punta dell’iceberg) ma anche il monitoraggio illecito messo in luce dagli scandali internazionali Datagate e Wikileaks.
Il Web3 invece, in quanto decentralizzato, prevede alcuni vantaggi innegabili.
I dati saranno al contempo sotto gli occhi di tutti, ma con la tutela della privacy e con la trasparenza del registro distribuito.
Con il Web3 spariranno i controlli e le censure centralizzati degli odierni social network, e qualche teorico sostiene che non saranno più necessari permessi e autorizzazioni per accedere in generale ai servizi online.
Si utilizzeranno più comodamente pagamenti digitali, senza bisogno dell’intermediazione degli istituti di credito, e si potranno commerciare NFT molto più facilmente.
Si tratta comunque di pronostici, più che di reali piani: come già per il Metaverso, anche qui abbiamo qualche applicazione pratica della blockchain, ma le idee su uno scenario imperniato interamente attorno ad essa sono ancora fumose.
La principale controindicazione di un ipotetico Web basato interamente su blockchain è che ad oggi non abbiamo ancora le risorse sufficienti per supportare tutta la potenza di calcolo che la blockchain richiede. Se ci sono buone possibilità sul versante dei computer quantici, d’altro canto si tratta di risorse molto inquinanti.
Già oggi il bitcoin mining - altra tecnologia basata sulla blockchain - genera non poche perplessità ambientali.
In più, ci sono delle perplessità sul fatto che l’assenza di controllo centrale sia davvero garanzia di sicurezza: e se come nel Deep Web e nella finanza delle crypto fosse sinonimo di anarchia e potenziale criminalità?
Un’ultima obiezione riguarda la fattibilità e il reale potenziale di questa tecnologia. O meglio: è davvero il futuro? Molti detrattori sostengono che sia solo una moda passeggera, che non ci siano abbastanza sviluppatori blockchain, e che a livello hardware non siamo ancora pronti a reggere l’urto di un Web3 decentralizzato.
In più, c’è chi sostiene che siano prevalentemente i grandi investitori e gli entusiasti di tecnologia a promuovere questa visione del futuro. Ovviamente, non è abbastanza, ma proprio per questo è il caso di guardare alle app che già usano con successo una tecnologia decentralizzata.
Everledger è un registro distribuito, nel quale ogni utente è dotato di un record unico e dovrebbe potersi tutelare dalle frodi, in quanto registra i propri acquisti di vino, oro, diamanti e altri oggetti di valore. Everledger tiene traccia di dove e come un oggetto è stato utilizzato dal momento in cui è stato registrato al momento in cui è uscito dalla catena di fornitura globale. I consumatori possono utilizzare Everledger per salvaguardare i propri acquisti scansionando il bollino con un apposito marchio.
Storj è, come suggerisce il nome, una piattaforma di storage, ovvero di archiviazione. La novità è che si tratta di un’archiviazione decentralizzata e che garantisce una sicurezza in più agli utenti, e al riparo da guasti alla piattaforma.
La tecnologia utilizzata è quella della blockchain, con le stesse funzionalità del cloud storage, ma in chiave gratuita e open-source.
È anche possibile acquistare delle le funzionalità aggiuntive, azione possibile tramite la moneta Storj.
Un aspetto molto interessante è che, sebbene si tratti di una tecnologia pionieristica, Dropbox ha già allacciato alcune collaborazioni con Storj.
Sapien è un sito di notizie alimentato dalla blockchain di Ethereum, personalizzabile dall’utente ma soprattutto privo di un controllo centralizzato. In più, offre strumenti come app e funzionalità basate sulla blockchain; in sostanza, consente agli utenti di interagire e creare nuove comunità online.
Tra le potenzialità del Web3 non potevamo non parlare di Brave Browser, la creatura della Mozilla Foudnation: si tratta di un browser che promette di rimuovere gli annunci e rispettare la privacy dell’utente sui dispositivi mobili, cosa prima unicamente possibile da desktop.
Brave Browser è un nuovo browser open source che promette di preservare la privacy degli utenti utilizzando la tecnologia blockchain, oltre a bloccare tracker indesiderati e a operare un continuo anti-cryptojacking.
Ciò non toglie che un utente possa scegliere di vendere i propri dati. In tal caso, verrà ricompensato in criptovaluta.
Concludiamo la nostra rassegna con una piattaforma di impatto più sociale. Ethlance è una piattaforma online basata su tecnologia blockchain e che funziona da portale interinale: i datori di lavoro e le persone in cerca di lavoro entrano nella piattaforma, che si occupa semplicemente di mettere in contatto la domanda con l’offerta.
Tutti i pagamenti vengono fatti in Ethereum, il che semplifica la connessione con i clienti in tutto il mondo e agevola soprattutto la vita dei freelance, non più costretti a vincoli di valuta.
Possiamo dire che il Web3 sia già almeno parzialmente attorno a noi. Resta da vedere se le sue applicazioni possano costituire una valida e migliore alternativa al Web 2.0, oppure se si tratta di un trend passeggero. Il buon numero di software che si muovono in questa direzione e la crescita del numero di sviluppatori che lavorano in blockchain, oltre alla presenza di sempre più investitori favorevoli, lasciano ben sperare che questo sia davvero l’Internet del futuro.
Il concept da cui nasce un’app è sempre importante, ma una fase forse meno immediata da considerare è la scelta tra app nativa, web app e app ibrida. Ma se anche hai già scelto gli indiscutibili vantaggi dell’app ibrida, arriva la seconda questione: quale framework di sviluppo usare?
In questo articolo parleremo delle app ibride, con un focus sulle caratteristiche di Flutter, framework di Google, comodo e funzionale per sviluppare in modo fluido e con ottimi risultati.
L’app ibrida unisce in sé le caratteristiche dell’app nativa e della web app: infatti, la si può scrivere in un solo linguaggio indipendente dal sistema operativo per il quale è destinata, di norma JavaScript, CSS e HTML5, come la web app, e questo rende l’app ibrida anche cross-platform. Altra caratteristica che l’ibrida ha in comune con la web app è la comunicazione diretta con il web.
Però l’app ibrida è dotata di un “involucro” (shell) di app nativa che le consente di comunicare in modo efficace con qualsiasi piattaforma o dispositivo.
L’app ibrida è quasi indistinguibile, quanto a interfaccia e tempi di installazione, alla web app. In realtà, mentre la web app usa effettivamente il browser, l’app ibrida usa una WebView, che è molto simile a un browser ma più facile da navigare e priva di elementi come la barra degli indirizzi.
L’app ibrida è un ottimo compromesso tra i costi di sviluppo ridotti e la versatilità di una web app e la perfetta compatibilità dell’app nativa. In più, l’app ibrida è più gestibile a livello di manutenzione, in parte per la sua natura, in parte perché non serve avere due sviluppatori diversi che mettano mano a due codici diversi (dando per scontato che parliamo dei due sistemi operativi IOS e Android), oppure a un unico sviluppatore che deve comunque dedicare tempo a entrambi separatamente.
Per l’app ibrida il linguaggio è uno, e quindi basta uno sviluppo, e di conseguenza un intervento a ogni manutenzione periodica.
L’app nativa non è la soluzione perfetta per le performance, questo lo sappiamo.
Ma si sa, a volte la perfezione è nemica della produttività. Meglio quindi avere un lavoro comunque ben fatto, ma che funziona in tempi brevi e costa meno in manutenzione sul lungo termine, piuttosto che la macchina perfetta a costi insostenibili.
Inoltre, l’app ibrida ha purtroppo un’elevata dipendenza dalle librerie. Un progetto mediamente complesso, quindi, dipenderà da numerose librerie di terze parti, ovvero "pezzetti" di codice, sviluppati da sviluppatori indipendenti, (librerie di terze parti sono essere usate ad esempio per leggere qr code, per abilitare alcune funzioni sulle mappe, per elaborare le immagini, per comunicare con server esterni, ecc.)
Il giusto framework per sviluppare un’app ibrida è quello che risponde bene ad alcune caratteristiche di base: innanzi tutto, la piattaforma che si sceglie deve consentire all’app ibrida di somigliare quanto più possibile alle app native in termini di prestazioni e funzionalità.
Inoltre, deve consentire che l’app possa essere facilmente scalabile e che la si possa modificare anche solo in una sua piccola parte o funzione.
Deve anche consentire un utilizzo dell’app sul maggior numero di piattaforme possibile, altrimenti si rinuncerebbe a quello che è uno dei vantaggi principali delle app ibride.
Poi, un buon framework deve consentire tempistiche di sviluppo e budget ragionevoli, che dipendono in primo luogo dalle risorse che vi si possono destinare.
Tra i framework più popolari per app cross-platform abbiamo Ionic, Xamarin di Microsoft e React Native di Facebook, anche se secondo il team di Pizero Design la scelta più funzionale, efficiente e rapida è senz’altro Flutter.
Questo prodotto di casa Google vede alcune caratteristiche molto positive tutte insieme. Innanzi tutto, il fatto che sia di Google facilita la questione del supporto.
Se prendiamo invece Ionic, dobbiamo considerare che alcune delle sue funzionalità sono basate su Cordova e di conseguenza non tutti i plugin sono supportati.
In più, le app realizzate con Flutter hanno delle performance ottime, perlopiù quasi indistinguibili da un’app nativa, a fronte di una grande facilità nel lavoro di sviluppo.
Invece in React Native anche il più piccolo errore può rendere il progetto instabile, quindi serve un team di sviluppo esperto e non junior.
Poi, in Flutter si parla di un gruppo di sviluppatori in crescita, che condividono idee, soluzioni ai problemi, pezzi di codice da condividere per facilitare le cose.
Per chi sviluppa questa rappresenta una caratteristica non da poco, perché si rischia meno di ritrovarsi “soli” a risolvere un problema che magari altri hanno avuto prima di noi. Xamarin, che comunque è un ottimo framework, ha ad esempio una community molto più esigua, e questo svantaggio - insieme alla licenza costosa e alle performance non sempre ottimali sulle app grandi - si fa sentire sul lungo termine.
Dulcis in fundo, con Flutter la tua app può diventare anche un sito web.
Flutter è un toolkit per lo sviluppo di applicazioni multi-piattaforma, che consente di programmare una sola volta e riutilizzare il codice su sistemi operativi come iOS e Android. L'obiettivo di Flutter è realizzare app ad alte prestazioni che funzionano in modo fluido su sistemi diversi, condividendo quanto più codice possibile.
Durante lo sviluppo, le app Flutter vengono eseguite in una macchina virtuale che consente di caricamento istantaneo delle modifiche senza che sia necessaria una ricompilazione completa del codice.
Quando sono pronte e arriva il momento del rilascio, le app Flutter vengono compilate direttamente nel codice macchina, indipendentemente dalle istruzioni Intel x64 o ARM, o in JavaScript se destinate al Web.
Il framework è open source, con una licenza BSD permissiva e dispone di un fiorente ecosistema di pacchetti di terze parti che integrano le funzionalità della libreria principale.
Ma ora parliamo del framework di Flutter, quello che veramente importa a chi vuole sviluppare la propria app ibrida.
Per orientarsi nei temi ricordiamo che Cupertino è per iOS e Material è per Android, mentre se preferisci il fai-da-te avrai comunque un buon grado di personalizzazione.
I widget sono gli elementi costitutivi dell'applicazione, attraverso cui viene disegnata l'interfaccia grafica della tua App. L'output dell'interfaccia utente viene interamente disegnato da Flutter su Skia Canvas, ed è proprio questo aspetto a renderlo così facile e smart da usare. Una volta che l'interfaccia utente è completa e renderizzata, la sua gestione passerà all’engine.
Il fulcro di Flutter è il motore Flutter , che è principalmente scritto in C++ e supporta le primitive necessarie per supportare tutte le applicazioni Flutter. Fornisce l'implementazione di basso livello dell'API principale di Flutter, inclusa la grafica (tramite Skia ), il layout del testo, l'I/O di file e di rete, il supporto per l'accessibilità, l'architettura del plug-in e un runtime Dart e una toolchain di compilazione.
Flutter è probabilmente la migliore scelta per sviluppare un'app ibrida.
Però attenzione, perché non esiste una soluzione universalmente valida. Se parliamo di un progetto complesso, spendendo un po' di più si può realizzare un'app realmente nativa, con diversi benefici.
Qual è la scelta migliore per te? Parlaci del tuo progetto e sapremo indirizzarti verso la soluzione migliore, che sia Flutter, nativa o altro.
C’era una volta il ghost writer, lo scrittore che scrive su commissione e consegna un manoscritto che poi verrà firmato da altri. Poi in pandemia è nata la ghost kitchen, la cucina di ristorante o albergo chiuso che cucina per un brand di food delivery. Ma il ghost developer è molto di più di un semplice sviluppatore app e web “preso in prestito”. In questo articolo vedremo chi è questa misteriosa figura e come può costituire l’asso nella manica di un’agenzia di comunicazione che non ha come core business lo sviluppo di app, software e siti internet, ma che vuole comunque offrire ai propri clienti il pacchetto completo.
Innanzi tutto, il termine si applica allo sviluppatore web, quindi a chi materialmente realizza e installa il sito su un server, e allo sviluppatore app/software. Un termine generico per indicare il programmatore, insomma, ovvero la persona che si occupa di scrivere in back end per il web, e che ha la dimestichezza IT sufficiente per aiutare un’azienda a far funzionare bene diversi prodotti digitali.
La figura del ghost developer entra in gioco quando un’azienda - il più delle volte un’agenzia di comunicazione - decide di proporre ai propri clienti anche dei servizi più tecnici, come lo sviluppo di un’app mobile o la gestione e realizzazione di un sito web. Riguardo all’ultimo punto, parliamo non solo della realizzazione di un sito su WordPress, ma anche dell’hosting del server, dello sviluppo di feature personalizzate per il sito, della sincronizzazione con altri strumenti o software aziendali, o dell’integrazione con un gestionale, giusto per citare qualche caso comune.
Per ognuna di queste attività serve una competenza diversa, e spesso le agenzie di comunicazione la esternalizzano piuttosto che ricercarla in house.
Una scelta aziendale, che ha come conseguenza la nascita del ghost developer.
Perché quindi un’azienda, anche medio-piccola dovrebbe aver bisogno di un ghost developer per lo sviluppo app, software e web? Non è sufficiente il lavoro di marketing, o un sito fai-da-te?
La risposta è abbastanza scontata: in un’epoca di grande concorrenza online come quella in cui viviamo, più il tuo sito o la tua app sono amatoriali, meno chance hanno di affiorare sopra una spietata concorrenza.
Ecco che molte agenzie di comunicazione integrano la propria offerta di SEO e advertising, ad esempio, con l’apertura di un negozio online, o con l’offerta di un mini-gestionale su app.
Successivamente però i nodi vengono al pettine: dalla manutenzione periodica del sito, ai dubbi sull’hosting del server e del dominio, all’aggiunta di strumenti personalizzati per aumentare la produttività e l’efficienza, come i plugin, che poi magari si rivelano un rallentamento. I problemi tecnici che insorgono quando un non-tecnico prova a occuparsi di sviluppo sono infiniti.
Esiste ovviamente un modo ottimizzato per svolgere queste mansioni, cioè delegarle a chi le sa fare: il ghost developer.
Il ghost developer di web, app e software può essere un consulente freelance. In tal caso ci si impiega normalmente più tempo per la ricerca, perché bisogna fare i conti con le disponibilità di tempo del lavoratore singolo, che potrebbe non avere slot liberi.
Invece l’agenzia di sviluppo garantisce di norma di poter programmare meglio le tempistiche del lavoro, dato che gli sviluppatori sono coordinati e gestiti in modo centrale.
In più, spesso l’agenzia conosce meglio le tempistiche e le modalità di sviluppo, perché ha in media un’esperienza più solida e variegata. Aver avuto molti clienti consente anche all’agenzia di conoscere meglio le esigenze gestionali specifiche di diverse aziende, cosa che consente di strutturare un’offerta si app, software e siti ancora più funzionale e personalizzata.
L'app o il prodotto digitale creato dal ghost developer è un prodotto a marchio dell'agenzia di comunicazione che ha commissionato il lavoro - o meglio, questi sono di norma gli accordi contrattuali quando il programmatore è un “ghost developer”. Chiaramente se togliamo l’aspetto “ghost” possiamo avere una joint venture e una doppia firma del prodotto finito, a discrezione dell’agenzia di comunicazione.
In sostanza, l’agenzia può rivendere l'app o il software al cliente come parte di un pacchetto di servizi.
Il vantaggio di una sinergia di questo tipo è duplice:
Il team di sviluppatori di Pizero lavora come ghost developer da diversi anni con diverse agenzie sul suolo italiano.
I nostri prodotti digitali "ghost" conferiscono al brand con cui collaboriamo un reale valore aggiunto, offrendo un servizio di livello che consente di ridurre rischi e problemi tecnici futuri.
Contattaci per avere un preventivo personalizzato!
Tra gli e-commerce più popolari del momento, Woocommerce riscuote un particolare successo per il suo facilità e rapidità di utilizzo, ma anche per la sua facile integrabilità con altri sistemi.
Integrare Woocommerce con un gestionale non è troppo complesso, anche se serve conoscere la procedura nel dettaglio per evitare errori che potrebbero diventare invalidanti sul lungo termine.
Nessuno vuole ritrovarsi con errori di sincronizzazione tra il proprio gestionale di contabilità e l'e-commerce, ad esempio.
Oppure, meglio non rischiare di perdere alcune mail o messaggi di clienti che chiedono informazioni su un prodotto, magari perché i dati non sono correttamente migrati da un estremo all'altro.
Esiste però un sistema rapido per integrare WooCommerce con ogni tipo di app, software e programma gestionale, ovvero servendosi delle WP Rest API.
WordPress è uno dei CMS più usati al mondo, non solo perché ci sono molti temi e plugin compatibili, ma anche per le eccellenti possibilità di integrazione con altri software e prodotti.
Per fare un discorso coerente sull'integrazione di Woocommerce con altri programmi bisogna partire dal CMS a cui questo e-commerce si appoggia, ovvero proprio WordPress.
La buona notizia è che WordPress può essere facilmente integrato senza bisogno di scaricare l'ennesimo plugin - considerando che spesso, per chi gestisce un sito internet, scaricare un ennesimo plugin può essere sinonimo di sovraccarico dell’e-commerce, e quindi di rallentamenti.
Il metodo più efficace per integrare WordPress con altri software è senza ombra di dubbio usando le WP Rest Api.
Acronimo di Application Programming Interface, le API sono in grado di far comunicare due interfacce o due software senza però condividere l’intero codice sorgente, proteggendo così dall'ipotetico spionaggio industriale.
Le API consentono di far risparmiare tempo agli sviluppatori, in quanto questi possono modificare solo le porzioni di codice del server (la piattaforma di cui sono rese disponibili le API) per il proprio client, ad esempio il sito o gestionale aziendale. Queste modifiche sono finalizzate a integrare perfettamente il server e il client.
In generale grazie alle API è stata possibile un’innovazione molto più rapida e flessibile di diverse app, siti o software che mettono a disposizione questi “pezzi” del proprio codice perché gli sviluppatori ci possano lavorare e modificare alcune funzioni a proprio piacimento.
Questa possibilità ha semplificato notevolmente la progettazione, la gestione e l’uso degli strumenti in mano a un’azienda.
Nella pratica, lo sviluppatore manda una richiesta formulata tramite le API, dunque utilizzando un linguaggio strutturato in un certo modo, e attraverso questa richiesta il software d’arrivo risponderà con determinate funzionalità.
Il loro successo si basa sul fatto che le aziende devono mantenersi al passo con nuovi prodotti e funzionalità, e spesso lo sviluppo di app è oneroso e richiede molte energie.
Eppure, i mercati digitali non perdonano chi rimane indietro, e solo grazie alle API è possibile mantenere una dose accettabile di aggiornamento a fronte di costi e tempi di sviluppo relativamente ridotti.
Un esempio pratico: molti siti integrano nella propria pagina di contatto una mappa di Google Maps con cui l’utente finale possa interagire direttamente. Questo è possibile solo grazie alle API Google Maps, che sono state lavorate dallo sviluppatore del sito.
In questo caso è possibile che siamo di fronte all'uso WP Rest API.
Un’integrazione tra Woocommerce e un gestionale, ma anche qualsiasi altro software o app, è possibile solo attraverso WP Rest API.
“Rest” è una modalità con cui vengono create e condivise le API (sta per Representational State Transfer), e riguarda sia la modalità di sviluppo, sia alcune caratteristiche e funzionalità che questo tipo di API dovrebbe offrire.
Ad esempio, un’API Rest, o meglio “restful”, deve aderire al protocollo “stateless”, deve fornire un determinato uso della cache e avere un’interfaccia uniforme.
Pizero Design ha aiutato nell’integrazione con Woocommerce diverse realtà. Ecco alcuni dei lavori che possiamo affrontare per rendere più smart la tua azienda o attività:
1) Integrare e-commerce con il gestionale aziendale, in modo da sincronizzare magazzini e anagrafiche clienti (Costabox);
2) Realizzare App iOS e Android collegate a siti Wordress (https://myjewishitaly.it/, https://piemontevda.lnd.it/, https://viaggioconstile.it/, https://visitbuggiano.com/);
3) Integrare un e-commerce a un sistema di ticketing automatico. Questa integrazione è utilissima per gestire in modo più fluido le richieste dei clienti (https://sgranarpercolli.it/);
4) Collegamento tra e-commerce e casse smart che funzionano con Cassa in Cloud (ginofruttabistrot.it).
Vuoi rendere il tuo shop Woocommerce integrato e potenziarlo con un’altra piattaforma o software?
E' online da pochi giorni il sito web dello Studio Legale Palazzoni - Avvocati penalisti a Lucca, da noi realizzato.
Lo Studio Legale, composto dai tre Professionisti Claudio Palazzoni, Luca Milton Palazzoni e Sara Romani, ci ha commissionato la realizzazione di un sito web responsive e ottimizzato per il posizionamento sui motori di ricerca e un Logo per lo Studio Legale.
L'esigenza da cui siamo partiti è proprio la necessità, anche per professionisti già conosciuti e affermati, di una presenza in ambito digitale al fine di comunicare in modo elegante ed efficace competenze e aree di attività.
Per lo il Sito web abbiamo scelto WordPress - con un template personalizzato - in modo da sfruttare la facilità d'uso della piattaforma e la buona performance SEO. I contenuti invece comprendono, oltre alla homepage, alla pagina dedicata allo staff e alle aree di attività, anche tre landing page dedicate ai Professionisti dello Studio, con lo scopo di evidenziare le rispettive specializzazioni e percorsi di carriera.
Il logo, di ispirazione classica, include un elemento grafico che rimanda a un capitello, in colore oro insieme al titolo dello Studio.
Per l'ottimizzazione del sito abbiamo installato e configurato una cache sia su WordPress che sul server che ospita il sito e attivato una CDN per le immagini, con lo scopo di ridurre i tempi di caricamento e ottenere un posizionamento più favorevole sui motori di ricerca.
È firmata da Pizero Design e Genau FRA', la App dedicata ai giovani e giovanissimi del Comune di Lucca.
Presentata il 27 aprile (2022) nell'ambito del Tour promosso della ministra per le politiche giovanili Fabiana Dadone, alla presenza del consigliere comunale Daniele Bianucci e Scuola Zoo, l’app è stata ideata per consentire ad adolescenti e giovani di entrare in rete tra loro, ma anche per conoscere meglio gli eventi e i servizi del proprio territorio.
L’acronimo NEET significa “Not in Education, Employment or Training” e si riferisce al fenomeno tristemente famoso delle persone tra i 14 e i 35 anni non impegnate nello studio, né nel lavoro né nella formazione al lavoro. Una tendenza mondiale, che in Italia ha sensibilizzato ormai diverse fasce della popolazione, fino ad attirare l’attenzione della politica.
È in questo contesto che si colloca il NEET Working Tour, un evento di sensibilizzazione itinerante nazionale che ha visto in Lucca la sua unica tappa toscana.
Pizero Design, in collaborazione con Genau (che ha curato la parta creativa e il naming), ha realizzato un’app mobile iOS e Android in grado di raccogliere tutti i servizi sia pubblici che privati presenti sul territorio. Il target dell’app sono i giovani, spesso ignari di avere attorno a sé moltissime opportunità diverse.
Non si parla solo di extra scolastiche, corsi e attività sportive, ma anche formazione al lavoro, opportunità lavorative, eventi artistici e culturali.
L’abitudine alla connessione costante rende l’app uno degli strumenti più indicati per attirare l’attenzione dei giovani NEET. Questo è stato l’obiettivo perseguito da Pizero Design, che collega a ogni servizio le rispettive pagine social e i recapiti utili, in modo da rendere più spontaneo e immediato il primo contatto.
I servizi contenuti nell’app - che non ha bisogno di registrazione - sono sia pubblici che privati e sono divisi in 10 aree tematiche navigabili anche attraverso una ricerca tramite hashtag.
Il sistema include anche un sistema di generazione di QR code, che permette agli utenti di scansionare locandine, volantini e brochure trovati in giro per ottenere maggiori informazioni.
Domanda che apre un problema apparentemente insolubile: come si possono intercettare con efficacia le esigenze dei giovani e proporre attività che siano di valore e abbiano un reale riscontro?
L’app di Pizero Design mira a dare una panoramica anche agli organizzatori di eventi, perché raccoglie i feedback degli utenti attraverso un sistema di “mi piace” e di recensioni.
Queste preferenze consentono agli organizzatori di eventi, ma anche a chi ha in carico le politiche giovanili, di avere un quadro di ciò che ha più successo, in modo da contrastare in modo più efficace l’abbandono della vita pubblica da parte dei giovani, che si tratti di studio, lavoro o partecipazione.
Potremmo pensare che l’offerta di un bene cresce, per il consumatore la scelta diventi più facile, perché la scelta aumenta. In un certo senso è vero, ma quando si tratta dei sistemi di pagamento per e-commerce, chi fa impresa deve imparare a orientarsi in un labirinto di costi nascosti, difficoltà di integrazione, e rischi per la lentezza del proprio sito.
Meglio Stripe o Nexi? Paypal è costoso, si può evitare?
Il pagamento rateale per e-commerce conviene?
Per rispondere a queste domande abbiamo raccolto quelli che secondo noi sono i migliori nuovi metodi di pagamento online, soppesando vari fattori come la facilità d’uso, l’affidabilità, e i costi. Ma soprattutto, abbiamo considerato nella nostra top 10 la popolarità che i sistemi di pagamento hanno presso i consumatori.
Non siamo iscritti a programmi di affiliazione e non riceviamo compensi per le nostre opinioni. La recensione sarà quindi imparziale e conterrà anche alcune opinioni negative.
Di Paypal non si può fare a meno, perché al momento si tratta di uno dei sistemi di pagamento più diffusi e sicuri online.
Oltre ad essere estremamente popolare, rapido e affidabile, Paypal è anche facile da usare e da configurare sulle diverse piattaforme e-commerce, ed è piuttosto immediato aprirsi un account (sia per il proprietario dell’e-commerce sia per i clienti).
Lo svantaggio principale è il costo dei pagamenti. Per ogni transazione commerciale nazionale vengono aggiunti 0.35€ + una percentuale del 3,4% applicata all'importo della transazione.
Stripe è un sistema di pagamento ottimale per chi vuole accettare sul proprio e-commerce le carte di credito senza troppa fatica. Mentre negli Stati Uniti e in altri Paesi d’Europa è molto popolare, in Italia la sua diffusione sta crescendo solo in questi ultimi anni.
Un vantaggio di Stripe è quello di adeguarsi molto bene ai mercati internazionali. I pagamenti vengono infatti visualizzati dall’utente direttamente nella propria valuta, senza bisogno di effettuare conversioni.
È un sistema di pagamento che si integra molto bene con altri strumenti, ad esempio con portafogli digitali come Alipay, Amex Express Checkout e Apple Pay. ogni tipo di e-commerce e richiede poca manutenzione. Infine, consente una grande personalizzazione e un grande controllo sui pagamenti e-commerce, che possono ad esempio essere rimborsati direttamente dalla dashboard di Stripe.
Per i pagamenti europei 1,4% + 0,25€ di tariffa fissa. Per i pagamenti non-europei 2,9% + 0,25€ di tariffa fissa.
Si tratta di una soluzione sempre più diffusa, adottata come sistema di pagamento per e-commerce sicura e professionale.
Ha degli ottimi standard di sicurezza per l’accettazione di pagamenti con le carte di credito e con tutti i maggiori sistemi di pagamento (PayPal, Amazon Pay, ecc). Inoltre è molto semplice da usare per l’utente di e-commerce: è sufficiente cliccare sul pulsante di check-out alla fine della spesa online.
È integrabile con Shopify e con altri e-commerce, e con un servizio di Plug and Play che consente di ricevere pagamenti anche tramite i social network.
Nexi/Xpay è una soluzione piuttosto cara: il canone di utilizzo del piano base è di 14,90€ al mese, più il 2,4% e una tariffa fissa di 0,34€ applicabili su ogni transazione.
Il recente successo dell’italiano Satispay ci ha spinto a inserirlo in questa top 10. Oggi sempre più consumatori lo scelgono come carta di pagamento su smartphone, perché non applica commissioni sulle transazioni di piccola entità, e consente di gestire un budget mensile o settimanale.
Per l'e-commerce è possibile aggiungerlo come sistema di pagamento tramite plugin, psp o API (la configurazione è resa più semplice se stai usando Shopify). L’unico svantaggio di cui si sente parlare in alcune recensioni online è la lentezza dell’accredito.
Sta diventando sempre più popolare in questi ultimi anni, per via della comodità delle ricariche gratuite e della possibilità di cashback (per gli utenti finali). Esistono anche altri sistemi che consentono di integrare Satispay al proprio interno - ad esempio Axerve, di cui parleremo nel prossimo paragrafo.
Quest’ultima potrebbe essere una soluzione migliore se vuoi gestire tutte le piattaforme di pagamento in un unico posto senza configurazioni multiple.
1% di commissione per gli ordini sotto i 10€.
1% di commissione + 0,20€ di costo fisso per gli ordini sopra i 10€.
In precedenza si chiamava Gestpay (Banca Sella). È un sistema affidabile e rapido di pagamento online, che consente di integrare nel tuo e-commerce diversi sistemi di pagamento.
Si integra con ben 250 sistemi di pagamento e-commerce, ed è estremamente sicuro (conforme alla normativa PSD2). Questi due fattori lo rendono un buon alleato per chi ha poco tempo da dedicare alle configurazione del pagamento nel proprio e-commerce, considerando anche il fatto che Axerve ha dei plugin ufficiali per Magento, Prestashop Salesforce e Woocommerce (purtroppo non per Shopify).
Axerve prevede una commissione fissa di 0,35€ su ogni transazione, unita a una percentuale del 3%. È disponibile anche un piano gratuito, senza costi mensili aggiunti per il commerciante.
Un sistema di pagamento per e-commerce che fanno affari principalmente con l’estero e vogliono essere sicuri di gestire ogni valuta con uno strumento sicuro e affidabile.
Payoneer offre 100 valute diverse tra le quali il tuo cliente può scegliere per gli acquisti. È molto apprezzato da chi viaggia, soprattutto in Paesi del terzo mondo con una valuta compresa in Payoneer ed esclusa da altri sistemi di pagamento.
È anche un sistema molto rapido e con tariffe di conversione valuta contenute.
Per ogni transazione è prevista una commissione del 3%.
A questa si aggiunge una percentuale del 2% per l’accredito sul conto corrente, se i soldi sono di valuta straniera.
Uno svantaggio di Payoneer, oltre ai costi altri, è che si pagano anche i trasferimenti non andati a buon fine (1€).
Old but gold: il bonifico bancario è un sistema molto diffuso, affidabile e consigliabile quando i beni in vendita hanno un costo elevato.
La sicurezza è il primo vantaggio del bonifico bancario. È un sistema che consente di accettare anche pagamenti per grandi somme.
Non comporta nessuna commissione aggiuntiva, però meglio fare attenzione: capita spesso che degli utenti malintezionati mostrino ricevute false, dicendo di aver pagato e facendoti così spedire la merce.
Quindi, il consiglio è di spedire solo quando il denaro del cliente è sul tuo conto.
Nessuno, se non quelli previsti dalla vostra banca per l’accredito di denaro in valuta straniera.
Se ne sente parlare sia in negozi online sia in punti vendita fisici: la moda delle criptovalute, bitcoin in testa, sta contagiando anche i sistemi di pagamento per e-commerce.
Si tratta di un sistema percorribile per tutti gli e-commerce? Come ci si può comportare con l’estrema volatilità che caratterizza questa valuta?
Se vuoi avere un quadro completo di questo metodo di pagamento online ti invitiamo a leggere il nostro articolo che spiega se conviene accettare bitcoin negli e-commerce e quali rischi si corrono.
Insieme al bonifico bancario sopra citato, esistono degli altri sistemi che consentono di dilazionare i pagamenti in comode rate. Un sistema utile, soprattutto se si tratta di pagamenti consistenti.
Alle due opzioni citate sotto aggiungiamo anche Paypal, che dal 2020 consente l’opzione di pagamento in 3 rate.
Questo metodo permette al cliente del tuo e-commerce di pagare in 3 rate senza interessi, con assunzione del rischio da parte di Scalapay stesso.
È gestito da Stripe, circuito di pagamenti internazionali di un certo rilievo, che dovrebbe quindi garantirne la sicurezza e l’affidabilità. Il pagamento rateale in sé potrebbe costituire un vantaggio competitivo per il tuo negozio online, perché il cliente che può pagare a rate potrebbe essere maggiormente spinto ad aumentare l’importo medio del carrello. Per questo chi propone il servizio parla di un generale aumento della conversione online.
L’utente deve creare un account, ma l’operazione non richiede più di due minuti. L’integrazione e la configurazione con il tuo e-commerce possono essere inoltre gestite direttamente dal team Scalapay.
I costi sono variabili e prevedono la richiesta di un preventivo personalizzato.
Anche Klarna consente agli utenti il pagamento rateale sull’e-commerce.
Per l’utente è possibile pagare in 3 rate (una ogni 30 giorni) senza alcun interesse applicato. Il servizio è affidabile e rapido nell’addebito, e a detta dei fornitori genera un aumento medio del carrello e un aumento deciso delle conversioni online. Infatti, come in generale accade nel pagamento rateale, i clienti si sentono più a proprio agio nel fare grandi spese, perché le possono distribuire nel tempo.
È facilmente integrabile con un modulo Magento, con integrazione SFCC su Salesforce, e come pagamento integrato su Prestashop e Shopify. Per comodità, può essere anche integrato in Stripe.
Per conoscere i costi è necessario mettersi in contatto con l’ufficio commerciale di Klarna, che crea una tariffa personalizzata.
Quindi, cosa devi scegliere?
Come vedi, le possibilità sono molte, e dipendono in larga misura dal tuo target di cliente e dal tuo budget. In generale, non serve investire per integrare più di 2-3 sistemi di pagamento diversi, perché spesso basta un modulo o plugin aggiuntivo per un unico sistema che offre diverse soluzioni di pagamento al suo interno (questa è anche la soluzione più leggera e che mantiene il tuo sito rapido).
Pizero Design resta a tua disposizione per una consulenza personalizzata e di valore per il tuo e-commerce.
Con oltre 10 anni di consulenza nel mondo e-commerce, possiamo aiutarti a distinguere le soluzioni di reale valore aggiunto, e quelle che sono invece solo un trend passeggero.
Contattaci e togliti il pensiero!
Contenuto della guida: 1-Tipi di foto per e-commerce 2-Come fare delle belle foto prodotti in autonomia 3-Quando scegliere un professionista di fotografia e-commerce
In un e-commerce le foto prodotto sono un fattore decisivo per l’acquisto.
Mentre nel classico negozio fisico il prodotto può essere visto, toccato e soppesato, l’e-commerce deve trovare un modo di sopperire all’assenza di contatto fisico tra i clienti e l’oggetto in vendita.
Si può fare, ma servono delle splendide foto dei prodotti.
Non sempre però gli imprenditori sanno come comportarsi: bisogna fotografare la scatola o solo il prodotto?
Si possono fare delle foto fai da te o bisogna necessariamente chiamare un fotografo?
Per fare da soli, quali attrezzature non possono mancare e come si modifica l’immagine per caricarla sul web?
Risponderemo a tutte queste domande in questa guida pratica, che ti consentirà di gestire al meglio le tue foto per e-commerce, anche se sei alle prime armi.
Come sicuramente hai intuito, la tipologia del prodotto che stai vendendo influenza molto la modalità con cui dovrai presentarlo. Un vestito sta meglio se presentato su un manichino, invece un prodotto alimentare può rimanere semi-avvolto nel suo packaging.
In alcune foto prodotto è consigliabile comunicare creatività e passione, in altre purezza, freschezza, rispetto dell’ambiente: per questo il corollario di valori che vuoi comunicare dovrà influenzare più di ogni altra cosa la scelta di come fare delle belle foto ai tuoi prodotti.
Rimaniamo però in un campo tecnico e suddividiamo i tipi di foto di prodotti a seconda della loro interazione con gli altri elementi della foto.
È la tipologia più comune sugli e-commerce, e prevede l’assenza di altri elementi attorno al prodotto, che appare fotografato su uno sfondo neutro o bianco.
È possibile mettere il prodotto in scala con un altro oggetto di uso comune, oppure indicare le dimensioni con un metro, per far intuirela sua grandezza reale. Oppure, si possono aggiungere scatti ravvicinati che si concentrano su un dettaglio del prodotto.
Qui sotto vediamo un esempio tratto dalla bioprofumeria online Biologicamente chic:
Sempre da Biologicamente chic prendiamo questo esempio di foto per e-commerce di gruppo.
Qui i singoli prodotti vengono presentati insieme, perché faranno parte di un kit di regali natalizi:
Queste foto sono ottime per un negozio online, ma anche per la promozione attraverso dei banner esterni al sito o tramite social, perché danno un assaggio globale del contenuto del tuo shop.
Esatto, i clienti del tuo e-commerce fanno caso anche all’imballaggio. Ma soprattutto, in alcuni casi è l’imprenditore stesso che investe sul proprio packaging, soprattutto quando è particolarmente estetico o etico. In questi casi, l'involucro va mostrato quanto più possibile.
L’esempio stavolta lo prendiamo da un e-commerce che vende videogiochi e prodotti del mondo gaming (Retroplayers One). Trattandosi di prodotti da collezionismo, che guadagnano valore se venduti all’interno della confezione originale, mostrare la scatola è fondamentale:
Alcune foto di prodotti guadagnano credibilità agli occhi del cliente se sono calate in un contesto. Ad esempio, un vestito può essere indossato da una modella, oppure un oggetto può essere provato da un gruppo di persone, che idealmente rappresentano il target del tuo negozio online.
L’esempio perfetto è questa fascia per portare i neonati, come presentata nel sito e-commerce Bimbi e Pance:
Non sai ancora che veste grafica vuoi dare al tuo e-commerce? Forse può aiutarti il nostro articolo sui colori giusti per un e-commerce.
Il fai-da-te in questo caso è possibile, e sicuramente porta a un consistente risparmio rispetto a chiamare un fotografo.
Questo vale sia per chi ha un po’ di gusto e magari possiede una macchina fotografica, sia per chi è totalmente neofita della materia e non sa nemmeno come si imposta una reflex in manuale.
Per le foto di contesto purtroppo non si scappa: serve la professionalità di un fotografo.
Però è possibile fare delle belle foto a prodotti singoli o di gruppo, o anche con il packaging annesso, in totale autonomia. Vediamo come si procede nel modo più semplice e meno costoso possibile.
Ti servirà una stanza illuminata dalla luce naturale, con al suo interno un piano orizzontale e un piano verticale che siano bianchi.
Puoi usare un comune rotolo di carta bianca e appenderlo a un supporto (ad esempio due sedie) in modo che parta da una certa altezza e poi cada dolcemente. L’importante è che venga formata una sorta di culla bianca per il tuo prodotto.
Più è grande l’articolo che vendi, più questo fondale dovrà essere ampio. Online si trovano diversi fondali nati appositamente per creare dei set di questo tipo.
Un'altra opzione per creare un fondale per oggetti piccoli è creare una scatola con materiali anche di recupero, e foderarla di carta bianca. Facendo arrivare la luce da una fonte naturale o artificiale posta ai lati della scatola, noterai subito come l’illuminazione si diffonde uniformemente su tutto l’oggetto.
Questo metodo è ottimo per le foto che vogliono essere dettagliate.
Non c’è limite alla fantasia, nelle foto per e-commerce. Puoi mettere il tuo prodotto vicino alla sua scatola, da solo, con un contorno di altri piccoli oggetti.
Oppure puoi modellarlo in modo che sia nella posizione che desideri, usando spille, pezzi di scotch, sostegni di qualsiasi tipo (molto utile per chi vende ad esempio bigiotteria).
A questo punto regola l’illuminazione in modo che valorizzi bene ogni angolo e dettaglio che ti interessa.
È vero che alcuni telefoni cellulari consentono di fare delle ottime foto. Ma non saranno mai paragonabili a quelle che può scattare una macchina fotografica buona.
Infatti, le macchine fotografiche hanno un sensore più ampio. Ciò significa che sono in grado di catturare una maggiore quantità di luce e di donare alla fotografia il corpo e la profondità che la rende così simile alla realtà.
Ignora il parametro dei megapixel, nella tua scelta: non c’entra nulla con la qualità della fotografia.
Piuttosto, scegli una Mirrorless o una Reflex (NON una digitale compatta), anche di livello base e con la possibilità di regolare le impostazioni in manuale.
Puoi provare a scattare con la modalità automatica, ma è molto meglio se impari i rudimenti dello scatto manuale: il consiglio è di mettere la macchina fotografica su un cavalletto, di modo che non si muova.
Dopodiché:
È arrivato il momento di caricare le tue immagini su un computer e iniziare a ritoccarle in modo da mettere in luce i dettagli che vuoi.
Se sei al pc, puoi usare un ottimo programma a pagamento come Adobe Premiere.
Se sei dal cellulare o tablet, c'è un'app che si chiama Photoroom, ottima per rimuovere le imperfezioni sullo sfondo.
Alla fine, non dimenticarti di ottimizzare la foto per il web (ne parliamo più avanti nel dettaglio).
Se il processo di scattare in autonomia ti provoca ancora qualche diffidenza, oppure se ci hai provato senza grandi risultati, è il momento di contattare un fotografo.
Un altro caso in cui è meglio chiamare un professionista è la foto collocata in un contesto. È molto difficile che chi non è abituato a fotografare riesca a cogliere le espressioni e le luci giuste di una persona o di una serie di oggetti collocati in un contesto.
In più, il fotografo aggiunge alla foto per e-commerce un fattore fondamentale: il gusto.
Se - come abbiamo detto all’inizio di questa guida - il cliente è davvero così influenzato dalle foto del tuo e-commerce, sarà meglio non apparire come amatoriali e sciatti.
Potrai trovare un buon fotografo nella tua zona semplicemente con una ricerca internet (prova “fotografo still life” o “fotografo prodotti e-commerce”, ad esempio).
Oppure, se realizzi un e-commerce con Pizero Design, avrai la possibilità di usufruire di un servizio professionale di fotografia per e-commerce.
Che tu abbia scelto l’opzione fai-da-te o quella della fotografia professionale, alla fine dovrai sempre passare per l’ottimizzazione delle foto per il web.
Infatti, un’ottimizzazione scorretta delle foto danneggia la tua SEO e rischia di rendere le tue pagine lente da caricare.
Le foto che dovrai caricare sul tuo e-commerce dovranno avere indicativamente una larghezza massima di 2000-2500 pixel, e dovranno essere preferibilmente in formato .jpeg.
Ricordati di inserire l'alt tag immagine in tutte le foto che carichi nel tuo shop.
Quanto costa aprire un e-commerce?
5 consigli tecnici per gestire un e-commerce, spiegati semplici
Con l'esplosione della pandemia del 2020 è iniziata la folle corsa alla sperimentazione audio-video: servivano nuovi software per organizzare streaming di eventi online, e servivano il prima possibile.
Ciò ha fatto sì che nuovi tool prendessero piede nelle famiglie, scuole e ambienti professionali: le piattaforme per organizzare meeting e dirette online con live chat hanno raccolto la sfida, e tra iniziali contrattempi e disguidi tecnici sono arrivate a perfezionarsi fino ad oggi.
Mentre la rivoluzione delle comunicazioni private andava avanti, il mondo delle aziende però ha iniziato a chiedersi: come si possono rendere questi eventi online più professionali, ad esempio sostituendo i loghi delle piattaforme proprietarie con il proprio marchio aziendale?
Ma soprattutto: come si garantisce davvero la sicurezza dei partecipanti?
In questo articolo, dopo un po' di infarinatura tecnica, vedremo quali software servono per gestire un evento online, che possa incontrare le necessità aziendali ma anche delle istituzioni pubbliche e private; proporremo alla fine la soluzione Pizero Design, che abbiamo pensato come integrata, professionale, personalizzabile, sicura e semplice da usare.
Iniziamo con alcuni dettagli tecnici su come funziona una live video.
Ci siamo ormai abituati alle videochat su Whatsapp e alle dirette social, che una ventina d’anni fa sarebbero stati definiti “eventi virtuali”. I progressi tecnologici ci hanno portati però a operare un distinguo: la diretta Twitch o il webinar non sono eventi virtuali, bensì eventi digitali.
La filiera dell’informazione, della condivisione e della ricezione del messaggio sono state pienamente digitalizzate, e sono visibili dal grande pubblico in 2D.
Il termine “evento virtuale” che usavamo un tempo con grande liberalità, oggi è passato a indicare l'evento 3D: ad esempio, una fiera interattiva o uno show room, che prevedono la possibilità da parte dell’utente di accedere con dispositivi di realtà aumentata e virtuale, come schermi immersivi o un visore 3D.
Detto ciò, precisiamo che in questo articolo con "eventi online" intendiamo eventi digitali, come webinar, conferenze e qualsiasi interazione in 2D.
Si definisce “streaming” la possibilità di trasmettere su diversi media player un video registrato, con una modalità di consegna che prevede il rilascio e la decodifica di un pacchetto di dati alla volta.
In sostanza, quando con il nostro telefonino registriamo un video e lo mandiamo in diretta streaming su Facebook, Youtube o Twitch, la persona che visualizza il video (client) riceve la trasmissione di piccoli spezzoni, che il suo dispositivo finale decodifica e ricodifica in sequenza, consentendo di vedere il video senza interruzioni.
Il file multimediale riprodotto in streaming si trova in versione integrale su un server remoto, ma viene inviato solo un po’ per volta, in modo da consentire una modalità di fruizione molto più agile e rapida rispetto al classico download.
I due protocolli streaming più diffusi oggi sono:
A quanti di noi è capitato di vedere un video in streaming e improvvisamente trovare il video bloccato con l’icona “buffering”. Il buffering è in realtà un sistema che dovrebbe prevenire le interruzioni: questo strumento consente ai nostri dispositivi di caricare dei pacchetti di dati in anticipo, che servono al nostro dispositivo durante i cali di rete, per continuare a riprodurre il video senza apparenti interruzioni dell'evento online.
Quando il caricamento del buffering è lento, magari perché il server che trasmette il video e il dispositivo finale sono lontani, non c’è nulla da fare: il video si blocca.
Per ovviare al problema sarà necessario usufruire di CDN (Content Delivery Network), dei server che accorciano la lunghezza del segnale e limitano le interruzioni.
Un software di streaming è uno strumento fondamentale per garantire eventi online di successo, perché consente una ricezione rapida e in tempo reale dell’informazione.
Però oggi affidarsi unicamente a un software di streaming non è più sufficiente: le aziende e i privati hanno la forte necessità, soprattutto per il materiale informativo come le conferenze, i webinar e i corsi di formazione, di registrare un video dell'evento online e di poterlo salvare sul proprio dispositivo, o inviarlo ai clienti per il download.
Ecco che entra in campo il secondo strumento fondamentale per gestire un evento digitale: la registrazione.
Verba volant: chi vuole organizzare un webinar o una conferenza ha di norma bisogno non solo di condividere un video con tutti i clienti interessati, ma anche di registrare il video e tenerlo in memoria. Certo, è possibile ricorrere al fai-da-te registrando lo schermo di un computer sul quale si sta riproducendo l’evento in streaming, ma spesso il risultato non è molto professionale.
E poi, perché fare dei passaggi in più quando esistono dei software di registrazione integrati e ben più smart?
Assicurati quindi di scegliere una soluzione per gli eventi online che comprenda la registrazione dei video in remoto o in cloud, e la condivisione in modo agile via mail, WeTransfer, Whatsapp, Telegram e simili.
Per le presentazioni professionali la condivisione schermo è la svolta: alla chiarezza che possono avere delle slide si aggiunge infatti anche la possibilità di “guidare” con sé l’utente in un tutorial vero e proprio.
La condivisione schermo è possibile inserendo la propria periferica desktop come la fonte per l’invio dei dati attraverso il canale output che si è scelto per lo streaming. In questo caso, non serve integrare un software specifico, ma piuttosto bisognerebbe cercare direttamente un software di streaming e di registrazione che includa anche la condivisione dello schermo.
Mi raccomando, però: istruisci bene i relatori sulle modalità di utilizzo della condivisione schermo, perché di norma è l'attività meno automatica da imparare, soprattutto per chi non è nativo digitale.
La live chat è uno strumento che nasce per le community social, ma che oggi ben si adegua anche a eventi professionali online. I tuoi clienti o spettatori potranno commentare in tempo reale quanto stai dicendo, una funzionalità indispensabile se si vuole mantenere alto l’engagement del pubblico.
Di solito la live chat viene gestita attraverso un RTMP (Real Time Messaging Protocol), che conferisce a un evento online tutta l’immediatezza di un evento fisico: per questo abbiamo assistito, dopo la pandemia, a un vero e proprio boom dei social che consentivano le live video-chat, come strumento in tempo reale a cui commentare, esattamente come avviene per un evento in presenza.
Infine, spesso in un evento online professionale bisogna essere in grado di dividere i gruppi di utenti in gruppi di interesse. Ad esempio, in una conferenza con diversi relatori, la possibilità di organizzare l’evento in stanze consente al pubblico di ascoltare una persona piuttosto che a un’altra, massimizzando il pubblico e professionalizzando il proprio target.
È ovviamente fondamentale saper gestire in modo efficace le diverse stanze chat, evitando di sovraccaricare il server che si sta utilizzando e dando sempre l’impressione al pubblico che tutto avvenga con fluidità.
Se hai un po' di esperienza informatica, puoi combinare diversi software esistenti e creare la tua soluzione personalizzata.
Oppure, esistono diverse soluzioni di software integrati, che ti semplificano la vita e ti consentono di assolvere a diverse funzioni. La scelta dipende dalle necessità della singola azienda, o privato.
È evidente che per una startup giovane e di piccole dimensioni può contare molto la rapidità dello streaming e il budget basso.
Invece, per istituzioni di prestigio come un’università, un ordine professionale, un ente o un’istituzione, potrebbe essere preferibile scegliere una soluzione personalizzabile e con a disposizione uno staff per gestire il flusso di lavoro durante l’evento online.
La presenza di uno staff di assistenza in loco è fondamentale anche per "istruire" i relatori, se si tratta di un webinar svolto tra persone che non si trovano nella stessa stanza.
Infine, per operare una scelta del software corretto serve considerare le opzioni di sicurezza. Le piattaforme più grandi e utilizzate sono purtroppo più spesso oggetto di attacchi hacker, come il furto delle credenziali di 500mila utenti Zoom nell’aprile del 2020.
A parità di sicurezza e assenza di bug, una piattaforma più piccola potrebbe essere garanzia di:
Dopo aver osservato attentamente le esigenze di un pubblico vario di professionisti, abbiamo deciso che era il momento di elaborare una soluzione integrata per le live video, più sicura e scalabile, e che offrisse una connessione privata e quindi più sicura dei singoli utenti.
Ne è nato il software per live video di Pizero Design, il primo programma studiato per aziende ed enti che vogliono gestire in modo smart e professionali i propri incontri ed eventi online.
La soluzione Pizero Design include:
Questo modulo consente:
Si tratta di un server di streaming video in tempo reale, realizzato su infrastruttura Amazon AWS o Microsoft Azure, che consente uno streaming ad alte prestazioni, low-latency e compatibile con WebRTC.
Questo modulo consente di avere più streaming concomitanti, ed ha il vantaggio di essere:
È possibile utilizzare questo strumento insieme a un software di regia, come StreamYard, o una qualunque altra app che funziona con lo standard RTMP. Potrai ad esempio collegare uno smartphone con un'app gratuita, che in pochi secondi trasforma la fotocamera dello smartphone in un dispositivo per lo streaming audio e video a una platea illimitata di persone.
Lo streaming su Youtube obbliga ad utilizzare il player video con il logo di Youtube. La nostra soluzione Pizero Design è completamente personalizzabile con i loghi e i colori del cliente, e appare come un software proprietario.
In più, lo streaming su Youtube consente a chiunque abbia il link di vedere lo streaming, quindi non è adatto a eventi a pagamento.
Lo streaming su Streamyard non consente alle persone che vedono l'evento di interagire tra di loro - e con lo speaker - in tempo reale.
Lo streaming su Facebook richiede alle persone di avere un account Facebook e collegarsi a una pagina o profilo personale per vedere lo streaming. Non è quindi adatto a contesti professionali.
Vimeo Premium necessita di un abbonamento da oltre 800 euro l'anno, ogni evento ha un limite di 100 partecipanti, e non include tutte le funzioni in tempo reale della nostra WebApp.
Eventbrite include molte interessanti funzioni, ma implica la necessità di pubblicare l'evento in una pagina di Eventbrite. La nostra soluzione, al contrario, oltre a essere white label e completamente personalizzabile può essere installata su un dominio ad-hoc (ad es. www.mioevento.it).
Il prezzo si divide in:
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Se hai già dei canali istituzionali attraverso i quali promuovere l’evento, Pizero Design si adatta a questa esigenza. In alternativa, forniamo anche un servizio di advertising e di promozione attraverso articoli SEO-oriented.
Anche un e-commerce, come ogni altra attività imprenditoriale, va curato nel modo giusto per poter avere un successo costante nel tempo. Non basta avere un ottimo prodotto a prezzi ragionevoli: bisogna anche imparare a gestire alcuni aspetti tecnici apparentemente complicati. Il calcolo del budget da destinare alla pubblicità, la previsione di quanti clienti otterrete il prossimo mese, l’uso della SEO, le strategie concrete per attirare più acquirenti...
Non sono concetti immediati: per questo solo pochi e-commerce riescono a brillare davvero! In questa breve guida cerchiamo di raccontare queste strategie “difficili” in modo semplice, spiegando il gergo tecnico che ci sta dietro e dando dei consigli pratici su come gestire un e-commerce di successo.
Il motivo per cui si fa un investimento è avere un ritorno d’investimento (return of investment=ROI). Per questo motivo non si inizia una campagna pubblicitaria per il proprio e-commerce senza stimare un concreto ritorno dell’investimento, altrimenti si rischia di iniziare ad investire senza mai comprendere quando si è raggiunto il risultato, o se è invece il momento di cambiare strategia.
Non per tutti però è semplice valutare il ritorno dell'investimento.
Prendiamo ad esempio un e-commerce appena aperto, che vende un prodotto di consumo regolare come la frutta (ad esempio). Questo negozio online inizia una campagna pubblicitaria. È evidente che i primi clienti acquisiti in seguito a questa campagna costituiscono il ritorno dell'investimento.
Di norma però la situazione è più complessa. In alcuni casi si ha già un bacino di clienti abituali, e la campagna pubblicitaria mira ad ampliare questo bacino. Ma poi, anche se calcoliamo come ritorno dell'investimento solo i nuovi clienti, manca un dato importantissimo: quanti di questi nuovi clienti sono stati fidelizzati? Quanti invece compreranno solo una volta? Quanti passano a un ordine di prodotti più consistente?
Ecco perché quando si parla in campagna di advertising online è più preciso parlare di ROAS.
È l'acronimo di Return On Advertising Spend e si riferisce al ritorno di investimento sulla spesa per gli annunci pubblicitari. Un dato difficile da calcolare a mano, ma che si può fissare in anticipo per ogni campagna di advertising: è sufficiente comunicarlo a Facebook Ads e Google Ads all'inizio della campagna. Dopodiché saranno proprio Google e Facebook a suggerirti le strategie migliori per ottenere il ROAS che hai stimato: ottimizzeranno le promozioni in automatico, alternando i prodotti più scontati e rendendo la gestione dell'e-commerce automatizzata.
La metrica ROAS diventa così più facile da interpretare e permette di correggere alcuni errori.
Tutti sappiamo che oggi l'investimento pubblicitario è una condizione necessaria, importantissima per il successo di un e-commerce. Comprendendo come funzionano funzionano ROI e ROAS e imparando a usarle in pratica, tutto diventa più semplice.
In parole povere il remarketing è quella funzione secondo la quale il browser del tuo cliente “memorizza” quali pagine l'utente ha visitato sul tuo sito durante il suo primo accesso. In futuro, mentre l’utente naviga su altri siti, vedrà in altri spazi pubblicitari proprio la pubblicità dei tuoi prodotti.
Può esserti capitato di vedere questa funzione all'opera su Google o Facebook: magari ti compariva inspiegabilmente la pubblicità di un prodotto che avevi cercato qualche giorno prima.
Questo è il remarketing: è sufficiente incollare nelle pagine del vostro sito una determinata stringa di codice Javascript, che di norma si attiva nel momento in cui inizi una campagna marketing. Si tratta di un pezzo di testo invisibile all’occhio umano, ma che dà precise istruzioni al browser del vostro utente.
In sostanza, ogni volta che il cliente si connette al tuo negozio online, riceve un cookie anonimo. Questo cookie accompagnerà il tuo cliente mentre naviga online, ad esempio quando va su Facebook e Google. Lì il cookie “istruirà” lo spazio pubblicitario, inserendo annunci che interessano al tuo cliente, calcolati in base alla sua cronologia di ricerca.
In tal modo il cliente vedrà un prodotto che l’ha già interessato in passato, e quindi sarà potenzialmente spinto all'acquisto, molto più di un utente nuovo.
Un ottimo modo per convincere gli indecisi e massimizzare il vostro ritorno dell'investimento.
Attenzione: la cookie policy sta cambiando, ti invitiamo a mantenerti in aggiornamento!
Prima del web marketing era molto più difficile sapere esattamente cosa pensavano i vostri clienti riguardo a un prodotto. Oggi il monitoraggio costante del comportamento dei nostri clienti sul nostro sito consente invece di avere un'idea chiara di cosa funziona e cosa invece andrebbe migliorato. È fondamentale però conoscere le metriche per analizzare i dati e sapere come interpretarli.
Nei software di analytics abbiamo una miniera di informazioni: imparando a leggere le metriche si potrà scoprire molto sui propri utenti e sul proprio sito e di conseguenza migliorare le performance.
Ad esempio, può essere utile valutare la frequenza di rimbalzo di una pagina, ovvero la facilità con cui gli utenti se ne vanno da una pagina senza aver terminato di leggere il contenuto.
Altra informazione importantissima da capire: dove i clienti interrompono il loro percorso di acquisto.
Se scopri che ad esempio l’80% dei tuoi clienti si ferma alla schermata di pagamento e non procede con l'acquisto, ciò significa che c'è un problema da risolvere proprio lì. Forse il prezzo non era chiaro prima, oppure la modalità di pagamento non è molto diffusa, oppure c’è qualche pulsante importante per pagare, che però non è in vista nella pagina.
Un'altra informazione interessante può essere capire da quali fonti arriva il traffico al tuo e-commerce.
Gli utenti vengono dai social? Da un altro sito partner? Dagli articoli del tuo blog?
Questi dati consentono di impostare una strategia nel modo più corretto, investendo dove c’è più bisogno. Collega il tuo negozio online a Google Analytics il prima possibile: basta inserire un piccolo codice di monitoraggio in ogni pagina del tuo sito (non temere, non serve copiare e incollare manualmente, ci sono diversi plugin e strumenti semplificati per svolgere questa operazione in automatico).
Solo così facendo avrai una visione chiara e dettagliata di come si comportano i tuoi clienti sul tuo sito web.
Per avere successo con qualsiasi e-commerce è fondamentale padroneggiare la complessa disciplina della SEO. Con SEO si intende Search Engine Optimization, ovvero tutte quelle strategie che rendono le vostre pagine e prodotti dell’e-commerce più leggibili per i motori di ricerca.
Quando parliamo di SEO parliamo anche di velocità del sito e di responsiveness verso i diversi dispositivi dell'utente. La SEO riguarda anche la struttura dei titoli del tuo e-commerce e il modo in cui le pagine sono collegate tra loro.
È fondamentale rispettare una gerarchia dei titoli e disporre il contenuto in modo sensato, altrimenti i motori di ricerca vi penalizzeranno di sicuro.
Infine, la SEO riguarda anche il modo in cui sono organizzati i vostri testi e le vostre immagini. Ogni motore di ricerca è in grado di capire se il vostro testo in pagina è interessante per gli utenti che fanno una ricerca, e se lo è, verrà premiato con maggiore visibilità.
Una volta capiti questi concetti di base, è più facile applicare una strategia SEO al proprio e-commerce, che sia guidata da un software, studiata personalmente sui manuali, oppure consigliata da un consulente SEO.
Per capire se la tua strategia SEO sta funzionando, bisogna consultare la SERP.
Apri il tuo browser e scrivi una parola nel motore di ricerca. Ti uscirà una pagina con diversi risultati di ricerca. Questa lista di risultati di ricerca è la SERP (Search Engine Research Page) ed è importantissima perché, com’è noto, è più in vista chi è ai primi posti.
Come si ottiene una buona posizione in SERP?
Per quanto riguarda la pubblicazione di contenuto, è uno dei modi più efficaci per posizionare il proprio sito, per due motivi.
Innanzitutto, perché i motori di ricerca amano chi pubblica contenuto utile per gli utenti, secondo il loro metro di giudizio. Se vedranno che oltre a vendere nell’e-commerce, proponi anche contenuti informativi nel blog, il tuo negozio online ne guadagnerà in autorevolezza.
C'è però un secondo motivo strettamente commerciale: mettiamo che sul tuo e-commerce stai vendendo tè kombucha. Magari il mercato italiano ancora non conosce questo tipo di tè, e quindi pubblicare un articolo guida che spiega che cos'è il tè kombucha incuriosisce una platea di persone che potrebbero diventare i futuri acquirenti.
Gli articoli del blog quindi hanno anche una funzione di creare la vostra comunicazione di brand orientandola ai vostri prodotti. Gli articoli SEO sono il vostro spazio, il vostro momento per costruirvi una reputazione e per mostrarvi come davvero attenti alle esigenze e curiosità del cliente.
Per questo vanno sfruttati in ogni modo possibile!
Su internet è estremamente facile comparare il prezzo di più oggetti, e a parità di affidabilità gli utenti sceglieranno sempre il negozio online più economico. Non è facile per un imprenditore decidere qual è il prezzo giusto per i propri prodotti, ma ci sono fortunatamente alcuni accorgimenti da adottare per aumentare gli acquisti e fare un profitto più alto su alcuni prodotti.
Il nostro consiglio è quello di tenere traccia dei prezzi dei tuoi competitor: ti darà un’idea chiara del valore medio di mercato. Non sarai obbligato ad adeguarti, ma se ad esempio proponi un prodotto di fascia alta, sarà il caso di investire in comunicazione per spiegare ai tuoi clienti perché dovrebbero pagare di più per scegliere proprio te.
Google Merchant è una piattaforma su cui è possibile gestire i propri prodotti venduti tramite e-commerce e modificare i propri annunci.
Su Google Merchant si possono caricare e modificare informazioni sui prodotti, come i prezzi e le foto prodotto, e queste informazioni vengono inserite nelle ricerche che gli utenti fanno in Google Shopping.
L’ideale è integrare Google Merchant con altri servizi di Google, ad esempio la vostra pagina Google My Business. Per un servizio simile anche fuori da Google, è possibile iscriversi come venditori a una delle tante piattaforme di comparazione prezzi, come Trovaprezzi.
È fondamentale avere cura di un efficace servizio post vendita, che comprende in primis:
Non si può più prescindere da questi due elementi per avere un e-commerce di successo, perché i clienti sono abituati ad avere un servizio clienti eccellente, anche per prodotti di nicchia. Fortunatamente ci sono molte soluzioni software che possono aiutare, ad esempio puoi convenzionarti con un servizio di gestione delle spedizioni online, oppure potenziare la tua assistenza clienti integrandola con un chatbot per e-commerce.
Avere un’agenzia di riferimento, che sia affidabile e si occupi di tutti gli aspetti descritti in questo articoli, semplifica la vita.
Un'agenzia assiste l'imprenditore, supportandolo giorno dopo giorno nella crescita del proprio e-commerce, realizzando insieme tutti i punti fondamentali descritti sopra senza perdere tempo e denaro in tentativi a vuoto.
Perché non abbiamo scritto nel titolo “6 cose complicate”?
Perché questa è davvero semplice da realizzare: basta usare il pulsante qui sopra e fissare un appuntamento telefonico con noi!