La tecnologia cloud sta lentamente cambiando non sono i flussi di lavoro in azienda ma anche la vita privata di moltissime persone. La condivisione di informazioni è più semplice in cloud, così come è più facile accedere al gestionale aziendale da diversi dispositivi; sono molti i fattori che stanno rendendo il cloud una condizione imprescindibile per ogni realtà che vuole sopravvivere sul mercato.
In questa breve guida aiuteremo le aziende e gli e-commerce a orientarsi nel panorama di servizi cloud partendo dalle basi tecniche di questo tipo di gestione dati: dove è situato fisicamente il software, quando si parla di cloud? Cosa si sta comprando quando si acquistano i servizi sul mercato (ad esempio: Microsoft Azure, Amazon AWS, o altri)?
Cosa intendiamo quando parliamo di cloud pubblico, privato e ibrido?
Ma soprattutto: il cloud computing può portare benefici anche ad un e-commerce?
La prima distinzione da fare deve considerare quanta autonomia avrà la tua azienda nel gestire il software in cloud che sta comprando. Ricordiamo che per far funzionare un software servono non solo il software stesso, ma anche una piattaforma e un’infrastruttura.
Sul mercato troveremo:
La tipologia più diffusa oggi è la Paas, anche se ogni azienda ha ovviamente le proprie esigenze. Mantenere un’infrastruttura IT presso la propria azienda può essere costoso e dispendioso di energie, e certamente un piccolo e-commerce non ha interesse a investire in questa soluzione, e preferisce piuttosto avere a che fare direttamente con un software-as-a-service, magari che si occupa autonomamente di aggiornamenti e patch di sicurezza.
Chi invece dispone di un reparto IT può permettersi di fare un ragionamento diverso.
Una bella immagine che abbiamo trovato su Bigcommerce.com spiega bene la diversità di autonomia che un’azienda può avere con Iaas, Paas e Saas, paragonandola con l’attività di gestione di una pizzeria.
Prima dell'invenzione del cloud computing i software gestionali aziendali erano “on premises”, ovvero erano installati nello stesso luogo fisico, ad esempio un ufficio, in cui era situata l'azienda.
Oggi invece è possibile avere una buona infrastruttura IT o un buon e-commerce scegliendo di acquistare solo il software, e delegando ad altri le complesse operazioni di gestione e manutenzione di hosting, infrastrutture e piattaforme.
Un'altra distinzione importante è quella tra cloud pubblico, privato e ibrido, che si sovrappongono e si combinano con le tre tipologie citate sopra.
Inizialmente si definiva cloud pubblico ogni servizio di cloud reso disponibile per più aziende e che utilizzava un hosting presso il fornitore. Oggi è più corretto parlare solo della prima caratteristica (servizio disponibile per più tenant), perché i fornitori di cloud pubblici hanno iniziato a offrire alcune funzioni on premises, e quindi non è più questione di “dove” è situato l’hosting.
Un esempio di cloud pubblico usato da privati è Dropbox, su cui un utente può creare un account privato e caricare le proprie fotografie e video, mantenendoli in uno spazio accessibile a lui solo, benché utilizzabile da moltissime altre persone. Per le aziende un esempio noto è IBM cloud.
I principali vantaggi del Cloud pubblico sono la facile scalabilità e il costo: infatti, un provider con un alto numero di infrastrutture riesce a ottimizzare i costi e a fornire un servizio di Cloud alle aziende efficiente e con una spesa inferiore rispetto a un Cloud privato.
Un altro vantaggio del Cloud pubblico è che l’azienda può delegare la gestione della sicurezza: un’attività o un e-commerce piccolo e con scarse risorse IT può beneficiare della sicurezza superiore di un grande fornitore di Cloud, senza doversi preoccupare di minacce informatiche.
Infine, c'è l'aspetto dell’affidabilità: i cloud pubblici sono servizi distribuiti su più data center, ed è quindi meno probabile che vengano meno nel momento del bisogno. Inoltre, sono accessibili ai dipendenti dell’azienda da qualunque punto, senza bisogno di investire su infrastrutture di connessione sicura (Vuoi approfondire? Scopri come funzionano le vpn aziendali).
Tuttavia il costo di un Cloud pubblico generalmente aumenta al crescere dell'azienda, e risulta quindi una soluzione sempre preferibile per le realtà più grandi.
Un Cloud privato prevede invece che lo stesso cloud hosting sia usato unicamente da una compagnia nel proprio datacenter o nella propria rete intranet aziendale. Questo implica che la sicurezza, la manutenzione e lo sviluppo del cloud computing sono affidati unicamente all'azienda che sceglie di acquistare il servizio di cloud privato.
Un Cloud privato non ha nulla da invidiare a un Cloud pubblico per quanto riguarda la scalabilità e la sicurezza (Grazie all'uso di firewall e di hosting interno), ed è una soluzione sicuramente molto più elastica rispetto al vecchio on premises.
Il problema principale del Cloud privato può essere rappresentato dai costi, generalmente più alti: tutte le spese relative al Cloud ricadranno infatti sull'azienda.
Si tratta di una soluzione interessante e in costante crescita presso le aziende, perché consente di personalizzare i servizi IT a seconda della loro rilevanza, decidendo di mantenere l’hosting in parte pubblico e in parte privato.
Oltre a un generale risparmio sui costi, il cloud ibrido ha il grande vantaggio della scalabilità e in generale della versatilità.
Un’azienda, soprattutto se opera nel digitale o fa un uso massiccio di strumenti digitali, deve essere in grado di aggiornarsi costantemente, magari anche solo su un singolo aspetto del proprio cloud. Per questo la versatilità offerta dal cloud ibrido è scelta da sempre un maggior numero di aziende.
Con un cloud ibrido si riescono a sfruttare i vantaggi di cloud privato e pubblico, bilanciandoli in modo da colmare gli svantaggi.
In poche parole, un cloud ibrido:
Il cloud computing è molto importante anche per chi si occupa di ecommerce. Ad esempio, è fondamentale effettuare un regolare backup in cloud del tuo e-commerce, per evitare che i preziosi dati delle vendite, dei clienti e dei prodotti vengano danneggiati o persi.
Inoltre, un CMS come WordPress può beneficiare di moltissimi servizi cloud, come il cloud hosting per massimizzare la sicurezza del sito, oppure l’archivio dei dati.
Un sito WordPress, ad esempio, può essere installato su Google cloud storage, giusto per citare una situazione comune.
L'aspetto più importante quando si parla di cloud è capire che la virtualizzazione di alcuni servizi richiede prima la comprensione esatta della tecnologia che si va a scegliere, ma soprattutto richiede un’analisi preliminare di quali sono i carichi di lavoro aziendali.
Per questo motivo una consulenza digitale su misura è fondamentale. Il cloud è una tecnologia complessa, che accompagnerà nella tua azienda o il tuo e-commerce per diverso tempo, e in una certa misura deciderà anche il funzionamento pratico del tuo business.
Contatta il team di Pizero Design per fare la scelta giusta fin dall’inizio!
La conversione di un sito da HTML a WordPress può essere dettato da varie necessità.
C'è chi vuole passare da un sito vetrina a un dinamico e graficamente più accattivante sito WordPress.
Oppure, hai progettato il sito anni fa per la tua attività, e pensi che sia arrivato il momento di aggiornarlo con strumenti più moderni e accessibili.
Ma è frequente anche il caso di un'azienda che desidera semplicemente più autonomia sulla modifica delle proprie pagine.
Se vi siete rivolti a un'agenzia per progettare il vostro sito in HTML e non avete un programmatore a portata di mano, ogni volta che volete operare una minima modifica bisogna scomodare uno sviluppatore o un consulente. Perciò convertire il sito in WordPress è un modo sicuro per risparmiare e tagliare i tempi.
Con WordPress infatti non vi servirà contattare l'agenzia ogni volta che dovete aggiornare i contenuti: è tutto immediato e a portata di mano.
Quindi, prima di percorrere la strada della migrazione di contenuto è importante sapere:
Per capire come si svolge il processo partiamo da qualche nozione di base, iniziando da quella di CMS.
WordPress è un CMS, una sigla che sta per Content Management System. Il CMS è uno strumento per costruire e aggiornare un sito web in modo flessibile, senza necessità di conoscenze di programmazione.
Mentre in un sito HTML per caricare immagini o testi bisogna interfacciarsi direttamente con il proprio server, con un CMS come WordPress basta trascinare il file immagine direttamente in una intuitiva libreria. Come si vede qui sotto, questa è molto comprensibile a colpo d’occhio.
Per fare le stesse modifiche con un sito in HTML servirebbe contattare un programmatore, attendere i tempi di risposta e infine ottenere la modifica.
Questo non vale solo per il caricamento immagini, ma anche per l'aggiornamento, l'inserimento di nuovi prodotti in un ecommerce, l'aggiunta o modifica di testo, di pulsanti, gli elementi interattivi come una barra di ricerca o un chatbot che parli in automatico con i clienti che entrano nel vostro sito.
Un CMS serve a rendere l'utente del sito più autonomo su tutte queste attività.
Trasformare un sito da HTML a WordPress è senz'altro il percorso più comune per i siti aziendali, perché WordPress è un CMS d'eccezione:
Ad esempio, i testi di pagine e articoli di blog possono essere inseriti come su un semplice editor di testo (simile a Word).
Dopo l'inserimento, con un minimo di formazione, è possibile comunque accedere a dei dettagli più tecnici della pagina e modificare i parametri SEO che vi servono per rendere il vostro sito visibile sui motori di ricerca.
Insomma, WordPress è molto famoso e utilizzato perché è probabilmente lo strumento più completo, economico e facile da usare oggi sul mercato.
Precisiamo però quest'ultimo punto: se non si ha esperienza, si tende a scegliere un tema WordPress e a riempirlo semplicemente di contenuto. Questo renderà il vostro sito uguale a molti altri sul mercato, il che può andar bene per diverse aziende, ma è sconsigliabile per chi si occupa di grafica, design o in generale prodotti che vogliono veicolare un messaggio anche di tipo artistico.
Fortunatamente però per contrastare la scarsa personalizzazione si può ricorrere a un web designer, che dopo aver aiutato la vostra azienda nella fase iniziale vi possa poi lasciare l'autonomia necessaria per gestire il vostro sito da soli.
Non esiste un software o un sistema per trasferire tutti i contenuti e le funzioni da un sito HTML un sito WordPress. L'unica alternativa è importare manualmente i contenuti inserendoli nel CMS WordPress.
La fase più complessa, per cui è richiesta l'esperienza di un web designer, è quella dell'impostazione di base del sito.
Ci sono tre strade che normalmente si seguono:
In genere l'importazione del tutto manuale è più lunga e più soggetta a errori.
Il trasferimento attraverso plug-in consente purtroppo una scarsa personalizzazione e impone di adattarsi alle caratteristiche del tema grafico scelto.
Anche se bisogna valutare caso per caso, la soluzione migliore per trasformare un sito HTML in uno WordPress è di solito la modifica di un tema figlio.
In sintesi, il programmatore e web designer a cui hai scelto per affiancarti si occuperà di:
Dopo che il programmatore si è occupato di tutta la parte tecnica enunciata sopra, è il momento di rivedere insieme la grafica del sito e operare le opportune modifiche.
Dovrete valutare che forma dare alle nuove pagine, se rivedere la struttura dei link, come impostare l'eventuale e-commerce.
Una volta superata questa fase, si può procedere a clonare gli altri contenuti.
Ricordiamo che trasferire a WordPress un vecchio sito è un'operazione molto semplice, grazie all'interfaccia intuitiva di questo CMS. Bisogna ovviamente prestare attenzione a non commettere errori e curare ogni minimo dettaglio.
Come abbiamo detto, si tende a passare da un sito HTML a uno WordPress perché ciò consente di rendersi autonomi dai programmatori. Aggiornare un sito WordPress è infatti facilissimo.
Innanzitutto, per accedere al tuo sito come amministratore ti basterà inserire nella barra degli indirizzi l’URL del tuo sito seguito da “wp-admin".
Da qui si entrerà nella bacheca principale di WordPress, da cui grazie a una barra laterale si può navigare nel sito, modificando a mano le varie sezioni.
Una volta impostato con l’aiuto di un web designer il tuo nuovo sito in WordPress, l’aggiornamento dal lato “tecnico” è molto semplice.
Semplicemente, funziona in automatico. Tutto quello che dovrai fare è cliccare sugli avvisi che ti compaiono ogni volta che un nuovo aggiornamento è disponibile.
Per aggiornare i testi e le immagini è sufficiente acquisire un po' di dimestichezza con l'interfaccia WordPress.
Non sarà difficile perché si tratta di interfacce progettate per chi non ha competenze di programmazione.
In ogni caso, in fase iniziale con il web designer puoi impostare degli accorgimenti grafici che valgono per le pagine o per gli articoli. Ad esempio puoi creare una spaziatura personalizzata per i paragrafi del tuo sito, oppure impostare dei colori per influenzare l'esperienza d'acquisto del cliente.
Per trasferire un sito da HTML a WordPress servono un minimo di competenza di programmazione e web design, oltre a una certa esperienza in questo tipo di operazioni, che nascondono insidie, rallentamenti ed errori comuni.
Vuoi evitare grattacapi, migliorare il tuo sito e crearne uno nuovo correttamente?
Rivolgiti a Pizero Design!
L’app si chiama VerificaC19 e funziona con una crittografia asimmetrica che consente di leggere il Green Pass senza divulgare informazioni sensibili sul suo possessore. Visti i molti dubbi e paure, vediamo come funziona l’app a livello tecnico: cosa è contenuto davvero nel QR code? Come fa l’app a garantire la privacy? Si può condividere il QR code online?
Entriamo nel merito di questa particolare tecnologia e rispondiamo a tutte le domande più comuni.
AGGIORNAMENTO 11/2021: Attenzione, stanno circolando online diversi strumenti più o meno efficaci che promettono di leggere il Green Pass. NON FIDATEVI, l'unica app ufficiale per la lettura del Green Pass nel rispetto delle direttive di Privacy è l'app VERIFICA C19.
L’app è stata rilasciata dal Ministero della Salute, dal Ministero per l'Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione, dell'Economia e delle Finanze e dal Commissario Straordinario per l'Emergenza COVID-19.
L’app consente agli esercenti e operatori di negozi, bar, strutture alberghiere e altri a verificare la validità di:
A livello tecnico, la verifica del Green Pass tramite app funziona grazie alla crittografia asimmetrica a chiave pubblica/privata. In sostanza, l’app VerificaC19 “vede” il tuo QR code e ne ricava una chiave pubblica alfanumerica.
L’app VerificaC19 confronta poi questa chiave pubblica che ha appena “visto” con l’elenco ufficiale di chiavi pubbliche valide per gli Stati Membri, identificate in modo univoco tramite il codice KID (Key Identifier).
Per poter operare questo confronto, ogni 24 ore l’app VerificaC19 interroga questo gateway europeo (DGCG) e scarica la lista delle chiavi usate da tutti i singoli Stati per firmare i Green Pass. Ogni giorno aggiorna il proprio elenco, togliendo le chiavi non più valide e aggiungendo quelle nuove.
Come si vede, l’app VerificaC19 non salva in locale i dati dei singoli Green Pass.
Salva solo le chiavi pubbliche ufficiali, che servono per capire se il codice QR è valido.
Se qualcuno leggesse la chiave pubblica, vedrebbe solo un codice alfanumerico incomprensibile, che l’app è in grado di collegare solo al tuo nome, cognome e data di nascita, senza sapere nulla sui dettagli della tua vaccinazione. Questo passaggio è possibile solo grazie alla crittografia asimmetrica.
La crittografia a chiave pubblica/privata presuppone l'esistenza di due chiavi:
Si dice “asimmetrica” perché prevede l’esistenza di entrambe le chiavi, e perché le due non sono uguali.
Invece nella crittografia simmetrica sono presenti solo chiavi private: l’emittente codifica il proprio messaggio utilizzando una lunga chiave privata e lo invia al destinatario, che è in possesso della stessa chiave privata e può decifrare il messaggio.
Chiunque veda il messaggio in transito non ne capirà il contenuto, perché non possiede la chiave privata.
Il problema della crittografia simmetrica è lo scambio sicuro della chiave privata, che in alcuni contesti non può essere garantito: ecco perché nasce la crittografia asimmetrica.
La crittografia asimmetrica si usa ad esempio nella firma digitale. Qui, l'utente deve inviare al destinatario un documento, una firma digitale e una chiave pubblica.
Inizialmente, il mittente sottopone al tool di firma digitale il proprio documento. Il tool di firma digitale attraverso un algoritmo di hash estrae da questo documento la cosiddetta impronta digitale o digest, cioè una stringa di testo di lunghezza fissa, che costituisce una vera e propria sintesi del testo.
A questo punto bisogna firmare in digitale questa stringa di testo: per farlo, il tool utilizza la chiave privata dell’utente.
Ora il mittente spedisce questa firma, il documento e la chiave pubblica.
La persona che riceve:
Ricordiamo che tutti questi passaggi non vengono svolti manualmente, ma da apposite applicazioni e programmi con interfacce che possiamo facilmente comprendere.
Un processo simile a quello descritto sopra vale per il Green Pass. Questo documento è firmato con la tua chiave privata, ma l’app dell'esercente vede solo la chiave pubblica, che gli consente di verificare se il tuo Green Pass è valido, ma non gli consente - come abbiamo detto - di capire perché hai ricevuto il Green Pass (tampone, guarigione o vaccino).
Il QR code è un codice a barre bidimensionale, che contiene alcune informazioni e una firma digitale.
È possibile usarlo sia in formato cartaceo che digitale, ma il suo contenuto non cambia: attraverso la scansione del tuo QR code in una apposita app (VerificaC19), l’esercente di un locale può verificare l’autenticità e validità della Certificazione che ha prodotto il tuo Green Pass.
Il funzionamento è simile al processo di lettura della firma digitale che abbiamo descritto sopra.
L’esercente, dopo aver scansionato con l’app il Green Pass, può visualizzare la tua data di nascita, il tuo nome e il tuo cognome, e sapere se il tuo Green Pass è valido o meno. Queste informazioni non verranno mantenute nella memoria dell’app né diffuse, e quindi l’esercente non potrà tracciarle. Inoltre, l’app lavora offline, quindi questi dati non possono “finire online”.
Anche se il QR code del Green Pass contiene solo alcune informazioni private, non è il caso di pubblicarlo sui social: infatti, chiunque potrebbe ricavare la tua data di nascita esatta, insieme a nome e cognome. Inoltre, con un po’ più di competenza informatica è possibile ricavare dal QR code anche il motivo per cui si ha il Green Pass, ad esempio vaccinazione e fornitore del vaccino, numero di dosi, eventuale tampone e data di scadenza del documento.
Nessuna informazione sensibile, come malattie o ricoveri, ma comunque il Garante della Privacy invita a non condividere questi dati pubblicamente.
È sconsigliabile, come è sconsigliabile pubblicarlo sui social. Infatti, l’app in sé ci restituirà un codice lunghissimo e apparentemente indecifrabile. Però, chi sa come decifrarlo potrebbe ottenere le informazioni contenute nel QR code, come la vostra data di nascita, nome, cognome, tipo di vaccinazione o tampone ricevuto, data di scadenza del Green Pass.
Non abbiamo la garanzia che questa app di scansione del QR code tratti i vostri dati con la riservatezza necessaria, quindi meglio attenersi aI canali ufficiali: l’app VerificaC19 per il Green Pass è stata approvata dalle autorità competenti.
L’uso dell’app per l’esercente non richiede nessuna competenza tecnica. È sufficiente avviare l’app e configurarla seguendo le istruzioni guidate.
Quindi, basta toccare “avvia scansione” e inquadrare il QR code della persona che entra.
Dopo qualche secondo, comparirà una schermata che indica se il certificato è valido.
Vuoi aumentare il livello di sicurezza della tua azienda?
Oppure ti piacerebbe approfondire l’argomento della crittografia?
Contatta Pizero Design per una consulenza!
Che sia montagna, mare o colline, non c’è limite alle app per tracciare percorsi. Nell’epoca dell’integrazione tra GPS e dispositivi mobili, è praticamente impossibile perdersi, anche quando si è in piena natura.
Ma come trovare un bell’itinerario, panoramico e al tuo livello di preparazione fisica, in un luogo che non hai mai visitato prima?
Le app che possono venire in tuo aiuto sono moltissime, per questo ne abbiamo selezionate 6 con le funzionalità migliori e più interessanti.
Seguici nella lettura. Gambe in spalla!
Una piccola premessa tecnica: per realizzare un’app che integra dei percorsi gpx bisogna prendere un gpx da url e mostrare il percorso in overlay su un’altra app di mappe, ad esempio Google Maps.
Questo è utile all’app per tracciare i percorsi, ma serve un altro elemento fondamentale: la pendenza. Tutto quello che ci serve è insegnare all’app a fare un calcolo. Se prendiamo i due punti A e B e vogliamo conoscere la pendenza tra i due ci basterà insegnare all’app a fare:
La pendenza percentuale può quindi essere riportata in un grafico lineare, che vedrai nell’app esattamente di fianco al percorso. Così puoi renderti conto di quanta fatica farai!
Gpx è oggi un formato standard per scambiare tra dispositivi diversi DEI dati georeferenziati. Che si tratti di percorsi, punti di interesse o sentieri, il gpx - che è un formato open source - è in grado di trasferire da un dispositivo dotato di GPS all’altro.
Detto ciò, passiamo in rassegna le app oggi sul mercato.
Pianifica percorso: sì
Pendenza: sì
Mappe offline: sì
Dettaglio mappe: elevato
Pagamento: gratis
Compatibile con: Android/iOS
Usata anche da diverse entità di soccorso alpino, Outdooractive (ex ViewRanger) offre un’ottima mediazione tra escursionismo difficile e amatoriale. Consente di accedere a mappe molto dettagliate, che sono anche scaricabili e utilizzabili offline.
Pianifica percorso: sì
Pendenza: sì
Mappe offline: sì
Dettaglio mappe: medio
Pagamento: gratis
Compatibile con: Android/iOS
Komoot è un’app molto comune e molto utilizzata, che consente di connettersi con altri utenti da tutto il mondo e visualizzare i loro percorsi. Un’app completa adatta sia per percorsi di cicloturismo sia per il trekking in montagna.
Pianifica percorso: sì
Pendenza: sì
Mappe offline: sì
Dettaglio mappe: medio
Trova percorso in automatico: sì
Pagamento: gratis
Compatibile con: Android/iOS
Ottima app per le piste ciclabili, BikeMap è semplice ed essenziale e risponde alle esigenze dei ciclisti: è disponibile anche la modalità “allenamento” per prepararsi a un percorso particolarmente sfidante.
Pianifica percorso: sì
Pendenza: sì
Mappe offline: sì
Dettaglio mappe: medio
Trova percorso in automatico: no
Pagamento: gratis
Compatibile con: Android/iOS
L’app numero 1 per la condivisione di percorsi in running, Runtastic è oggi diventata anche una valida app per escursioni, non eccessivamente dettagliata ma buona per chi cerca funzionalità di base, ma soprattutto ottima per chi fa allenamento e vuole monitorare i propri progressi.
Pianifica percorso: sì
Pendenza: sì
Mappe offline: sì
Dettaglio mappe: medio, personalizzabile
Pagamento: gratis
Compatibile con: Android
Un’app ottima per chi vuole condividere i propri percorsi: supporta infatti i formati Kml, Kmz e Gpx, ed è molto facile condividere il proprio percorso sui social, una volta terminato. Ha anche le funzioni di bussola e barometro integrate.
Pianifica percorso: sì
Pendenza: no
Mappe offline: sì
Dettaglio mappe: elevato
Pagamento: gratis
Compatibile con: Android/iOS
L’ultima app per escursionismo trekking e bici che vi vogliamo segnalare è un po’ particolare: Spyglass infatti ha un approccio un po’ più educativo rispetto alle altre app. Invece di darti un percorso pre-confezionato, qui si insegna come orientarsi con il sole, la luna, la bussola e i punti di interesse. Ottima app per chi vuole imparare a leggere le cartine alla vecchia maniera usufruendo della realtà virtuale.
Pensi di poter fare di meglio? Hai un’idea per un’app di geolocalizzazione?
Contatta Pizero Design!
In un panorama che procede sempre più verso le reti distribuite, garantire la sicurezza in cloud è una necessità molto attuale. I dati aziendali devono oggi essere protetti non solo con le best practice della tua software house, ma anche con alcuni processi che la tua azienda deve applicare per conto proprio.
Le minacce al cloud computing sono infatti molte e raffinate, soprattutto quando ci sono di mezzo fatture in cloud e dati personali dei propri clienti e dipendenti. Che si parli di cloud ibrido (hybrid cloud) o di cloud pubblico, ecco qualche dritta per la migliore sicurezza possibile.
Sapevi che ci sono diversi programmi online in grado di creare delle finte minacce per testare la vulnerabilità del tuo cloud computing? Dopo aver creato il tuo ambiente cloud (soprattutto se in house), abbi cura di testare fin nei minimi dettagli se tutto va bene. Sono disponibili test per errata configurazione, ma anche test per bloccare gli attacchi a monte (i cosiddetti “test di penetrazione”).
Queste prove di vulnerabilità, se condotte con criterio, possono fornirti moltissime informazioni utili sulla stabilità e sicurezza del tuo cloud, facendoti dormire sonni tranquilli almeno in fase di go-live.
Un altro processo spesso sottovalutato è mappare le risorse nel cloud. Cosa significa? Facciamo un esempio: sapresti dire esattamente dove il tuo cloud aziendale gestisce determinati carichi di lavoro, e in quale percentuale?
Può sembrare scontato, ma in molti tralasciano questo tipo di mappatura. Non si parla ovviamente solo di carichi di lavoro, perché è importante registrare anche:
Se pensiamo ai rischi di un ambiente di lavoro tradizionale, come una fabbrica, possiamo stilare una classifica di pericoli, rischi e probabilità che un fatto negativo si verifichi. Un po’ più complesso è prevedere gli attacchi che potrà subire un ambiente cloud; proprio per questo è fondamentale mettere in atto un monitoraggio costante.
Sorveglia le nuove configurazioni, i problemi di conformità, le modifiche sospette ai file o ai dati e simili. Fatti consigliare dalla software house a cui vi siete rivolti, chiedendo eventualmente una consulenza sulla cybersecurity. Trovare una minaccia in tempo reale spesso consente di applicare le patch in tempo utile.
Mai sentito parlare di Mitre ATT&CK? Si tratta di un framework che traccia le minacce nuove e più recenti agli ambienti cloud e schematizza la tecnica utilizzata nell'attacco per renderla comprensibile a tutti. Questo consente ovviamente di correggere anche i relativi punti di vulnerabilità.
In alternativa, ci sono newsletter, siti specializzati, gruppi di cybersecurity che possono aiutarti a mantenerti in aggiornamento.
Nel punto 1 abbiamo parlato di test di vulnerabilità, ma forse più importante è testare la preparazione dei propri ingegneri. Quanto sono preparati alle minacce? Le sanno distinguere? Seguono dei periodici corsi di formazione sulla sicurezza in cloud?
La cybersecurity non è uno scherzo, soprattutto quando si parla della tua azienda.
Affidati a Pizero Design per una consulenza!
Adam Sah, co-fondatore dell’e-commerce Buyer’s Best Friends, che accetta anche pagamenti in Bitcoin, lamenta di passare più tempo a parlare di crypto che dei prodotti che vende.
Il rischio è in agguato: le criptovalute non sono solo un metodo di pagamento, ma anche uno stile di vita, il marchio di una community.
Per questo, anche se il mondo dei bitcoin e in generale delle criptovalute è ben lontano dallo stabilizzarsi, sempre più e-commerce prendono in considerazione l'ipotesi di integrare nel proprio carrello questa modalità di pagamento.
Al di là del legittimo interesse per una nuova moda: ci sono dei vantaggi pratici per il commerciante che inserisce il pagamento in cripto?
È un metodo di pagamento conveniente e sicuro?
E infine: come si accettano pagamenti in Bitcoin sul proprio e-commerce?
Ci sono ovviamente i pro e i contro, che variano a seconda del mercato di riferimento e del tipo di transazione.
Vediamo di concentrarci sull’e-commerce.
La soluzione più usata per integrare i Bitcoin nel proprio e-commerce è passare da un provider di pagamento esterno, come BitPay.
In alternativa, alcune piattaforme di cambio valuta come Coinbase lasciano attivare dei bottoni di pagamento. In questo caso, basta scaricare le API di Coinbase e procedere alla configurazione.
Se hai un web designer o una web agency di fiducia, questa è la soluzione più customizzabile e che consente un'integrazione ottimale con il carrello e con la fatturazione.
Per la prima soluzione, i provider variano a seconda della tua piattaforma e-commerce:
Coinbase, Dwolla, BitPay, GoCoin
In questo caso esistono dei plugin con configurazione parzialmente manuale, ad esempio Blockonomics
Non esiste LA soluzione migliore. Qualcuno delega l’intero processo a un provider di pagamento dal checkout in poi, qualcun altro opta per il bottone di pagamento.
Ultimo passaggio fondamentale, se hai scelto di intraprendere l’avventura delle criptovalute: fa’ registrare il tuo e-commerce nella rete online di chi accetta Bitcoin. Molti consumatori con il desiderio di spendere i propri Bitcoin consultano spesso questi elenchi prima di acquistare, e il nome del tuo ecommerce deve assolutamente comparire.
Ecco alcuni dei più comuni:
Solo così facendo il tuo e-commerce potrà approfittare di quello che è il vantaggio più competitivo di chi accetta le criptovalute: essere una piccola comunità d’avanguardia.
Hai ancora dei dubbi in merito al tuo e-commerce?
Forse troverai delle risposte nella nostra guida "5 consigli tecnici per avere un e-commerce di successo".
Avere una splendida idea nel cassetto spesso non è sufficiente: bisogna sapere come aprire una startup innovativa.
I passaggi possono sembrare più semplici rispetto ad altre tipologie di business, ma non farti ingannare: dalla stesura di un business plan a come trovare un finanziamento, sono tanti gli ostacoli burocratici che possono farti arenare e forse addirittura abbandonare il tuo piano.
Ecco perché serve avere le idee ben chiare sui requisiti, i vantaggi e gli step necessari in Italia per questa creatura votata all’innovazione e al progresso tecnologico.
Che si tratti di una startup innovativa a vocazione sociale, agricola o tecnologica: in questa breve guida di base vedremo di sciogliere i nodi principali e di darti una visione d’insieme.
Con “startup innovativa” si intende una società di capitali costituita anche in forma di cooperativa, che però ha come obiettivo lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico.
Quando ti avvicinerai alla normativa e ai requisiti della startup, sentirai spesso nominare questo obiettivo con il nome di “oggetto sociale”.
La differenza principale, oltre all’oggetto sociale, è che la startup innovativa deve costituirsi come tale, seguendo determinate regole e rispettando determinati requisiti.
Perché alla startup innovativa, proprio per la sua peculiare caratteristica di motore tecnologico e sociale, vengono riconosciuti alcuni benefici, sia per i soci sia per gli investitori. Questo, all'atto della richiesta di un finanziamento, sarà un fattore che gioca a tuo favore.
Nel tuo percorso di approfondimento sentirai spesso parlare di “statuto di startup innovativa”. È semplicemente uno dei documenti necessari per iscrivere la tua impresa in Camera di Commercio. Contiene i valori della tua azienda, l’oggetto sociale e altri dettagli che puoi trovare sul modello online valido attualmente in Italia, a questo link.
Insieme all’inestimabile valore sociale di un'impresa innovativa, abbiamo dei vantaggi concreti anche per il titolare dell’azienda, i soci e i finanziatori:
Tra gli svantaggi principali abbiamo invece la limitazione nella distribuzione degli utili annuali per 5 milioni di euro dal secondo anno di attività in poi.
Inoltre, questo modello di società vale solo per 5 anni. Dopo avviene il passaggio da startup a pmi innovativa.
Costituire una startup innovativa è un processo che inizia ben prima della burocrazia.
Bisogna innanzitutto prendere familiarità con alcuni strumenti dell’imprenditoria di successo, come il business plan, la gestione di un eventuale finanziamento o del personale…
Prima della costituzione effettiva dell’azienda, ma anche prima del business plan, bisogna lavorare sul prodotto.
Hai i diritti di privativa sulle proprietà industriali o intellettuali?
A che tecnologie farai riferimento per ottimizzare il tuo prodotto?
Il tuo prodotto sarà in grado di risolvere davvero un problema?
Queste domande sono preliminari a qualsiasi costituzione di azienda innovativa.
Pizero Design assiste quotidianamente le pmi e startup digitali. Seguiamo i nostri clienti sulle tecnologie più adatte, le voci di spesa, e diamo una panoramica generale delle nuove tecnologie e delle possibilità che ci sono in Italia.
Dallo sviluppo di app aziendali ai software gestionali:
Metti le ali alla tua idea, con la consulenza per startup digitali di Pizero Design!
Sembra il contrario del presupposto dell’intelligenza artificiale, e invece è così: anche una macchina può avere dei pregiudizi. Il delicato processo del machine learning dipende infatti dalla qualità dei dati con cui lo educhiamo, quindi non è raro che riproponga dei preconcetti comuni nella nostra società.
Per questo chi si occupa di intelligenza artificiale cerca costantemente di ideare nuovi sistemi di controllo dei pregiudizi, soprattutto quando questi possono penalizzare una categoria sociale piuttosto dell’altra. Un caso lampante è quello dell’uso di intelligenza artificiale per la selezione dei candidati per una posizione lavorativa.
Oggi possiamo delegare tantissime funzioni ripetitive e noiose a una macchina; ad esempio, la selezione di centinaia di curriculum.
Perché il recruiter dovrebbe sfogliare a mano e analizzare ogni singola voce dell’esperienza professionale dei candidati, quando basta lanciare l’intelligenza artificiale e aspettare la risposta?
L’analisi dei candidati si può basare sul reperimento delle giuste competenze esplicitate nel curriculum, ma anche sulla sentiment analysis delle sezioni scritte a mano libera. Un campo ancora pionieristico, in Italia, mentre molte aziende estere già si sono abituate a questi meccanismi per la selezione del personale.
Più conosciuto e usato dalle nostre risorse umane è senz’altro LinkedIn, che mette in comunicazione recruiter e candidati a una determinata posizione lavorativa. Da un lato, solo ai candidati ideali vengono suggerite determinate posizioni lavorative; dall’altro, i migliori tra questi candidati vengono "suggeriti" alle Risorse Umane. Una sorta di raccomandazione operata da un'intelligenza artificiale.
Il problema è sorto quando LinkedIn si è accorta che questa selezione dava luogo a dei presunti pregiudizi.
L'intelligenza artificiale premiava quelli che tendevano a rispondere con più prontezza agli annunci di lavoro, oppure che raccontavano con più dovizia di dettagli le proprie esperienze passate, esaltando le competenze acquisite. O anche, veniva privilegiato chi si candidava a posizioni più ambiziose rispetto al ruolo attualmente ricoperto.
Con “privilegiati” si intende che questi candidati venivano mostrati nella bacheca di Linkedin del recruiter sotto la voce “profili consigliati”.
Quindi, qual era il problema?
In sostanza, che questi candidati appartenevano tutti a un determinato gruppo sociale.
Nell’ambito degli algoritmi applicati alla selezione di candidati ci si pone da anni il problema della parità statistica: è una teoria filosofico-informatica che prevede di rappresentare la demografia di un campione anche nei suoi vertici.
Qui, gli idonei a una professione sono il campione, invece i “profili consigliati” al recruiter da LinkedIn sono i vertici.
Nella pratica, ciò significa che se nel gruppo di candidati idonei a una professione c’è un 10% di un determinato gruppo sociale, e se sui 10 candidati suggeriti al recruiter non ce n’è nemmeno uno di questo gruppo sociale, allora l'intelligenza artificiale applicherà un correttivo, inserendone uno (10%).
Questo almeno è ciò che si impegna a fare LinkedIn da questo momento in poi.
Possiamo dire che i pregiudizi della programmazione dell’intelligenza artificiale vengano corretti da ulteriore intelligenza artificiale.
L’idea che sta alla base di questo correttivo potrebbe essere che il machine learning è ancora troppo grezzo per essere meritocratico.
A volte i risultati del machine learning sfuggono al nostro controllo, e se si parla di contesti sociali il rischio è che la macchina sviluppi quella che in statistica e nell’osservazione di laboratorio scientifica si chiama distorsione (bias). LinkedIn è già un caso piuttosto virtuoso, perché i vertici aziendali dichiarano che l'algoritmo è cieco rispetto a genere, appartenenza etnica e fotografia. Invece, in altri meccanismi di selezione di risorse umane questa cecità non viene necessariamente dichiarata.
Per questo la grande sfida per gli algoritmi intelligenti è quella di premiare davvero il merito, evitando pregiudizi che derivano magari dall’abitudine umana, dalla nostra storia, e dalle nostre convinzioni personali.
È importante perseguire questo obiettivo perché oggi diventa molto difficile rinunciare ai vantaggi che l'intelligenza artificiale apporta alle aziende.
Nel settore delle Risorse Umane abbiamo non solo l’aiuto dell'IA nella selezione dei curriculum, ma anche anche pratiche di gamification per incentivare il lavoro di gruppo, o per formare le nuove risorse, o anche per raccogliere informazioni di base sui candidati ad alcune posizioni lavorative.
Insomma, non dobbiamo disegnare un alleato robotico.
Spetta però all’intelletto umano programmarlo correttamente.
Non importa che tu sia una startup, una media impresa, una piccola azienda o un negozio: ci sono degli errori comuni a quasi tutte le realtà che per la prima volta provano a realizzare un'app. Solo conoscendo questi errori si può giocare d’anticipo, accorciando i tempi e tagliando costi inutili e preoccupazioni superflue.
Dato che non tutti hanno un background tecnico non entreremo troppo nei dettagli della programmazione di un’app mobile, ma ci manterremo orientati quello che può servire a chi ha un business da gestire.
Può sembrare una banalità, ma anche studiare i prodotti del tuo competitor è molto importante per capire in che direzione orientarsi. Oppure, in che direzione NON orientarsi.
In più, prima di realizzare un'app bisogna capire se il proprio i sogni sono concretizzabili nella realtà. Potresti sopravvalutare lo smartphone e/o il tablet dei tuoi clienti, quindi valuta bene quali funzioni sono indispensabili per te e quali invece sono delle fantasie a cui puoi rinunciare.
Se hai uno sviluppatore in-house, lavoraci a stretto contatto nella fase di progettazione. Se invece ti avvali di una consulenza, insisti sulla discussione delle funzionalità, e chiedi sempre quali tecnologie mobile sono obsolete e quali invece possono davvero essere disruptive sul lungo termine.
Se non sai di cosa stiamo parlando, prima leggi questo articolo sulla differenza tra app native e app ibride. Distinguere tra queste tipologie di app mobile è fondamentale, perché ti permette di identificare un mercato di riferimento.
L'app ibrida e la web app costano abitualmente di meno ma portano con sé alcuni svantaggi in termini di velocità e responsiveness. D'altra parte, l'app nativa richiede un tempo di sviluppo più lungo e costi più alti, ma per una integrazione generalmente migliore con il dispositivo per cui è stata ideata.
Molti fanno l’errore di pensare, prima di realizzare un’app, che sia limitante scegliere un solo mercato (iOS o Android). Invece, è una valutazione di business, perché i due mercati possono a volte incarnare un target diverso: basta vedere il successo dell’app social Clubhouse, che durante il suo primo anno è rimasta relegata in Apple, e solo successivamente è stata resa disponibile anche per i dispositivi Android.
Prima di realizzare un’app bisogna mirare al destinatario giusto.
La tua app sarà Premium o a pagamento? Consentirà ai tuoi clienti di fare degli acquisti in app o sarà solo un catalogo sfogliabile?
Tutte queste possibilità fanno parte del vasto universo della monetizzazione tramite app.
Puoi anche scegliere di inserire dell'advertising oppure di intrecciare delle sponsorship, ma qualsiasi decisione tu prenda va presa ben prima della realizzazione dell’app, e influisce in larga misura su come i tuoi clienti la useranno e su quanto ritorno avrai e con quali tempistiche.
Realizzare un'app è un progetto aziendale, a qualsiasi livello avvenga. Per farlo funzionare è fondamentale rendersi conto dei tempi di realizzazione e delle scadenze. È ovviamente più facile definire una programmazione se si è già contattato il proprio consulente app o il proprio sviluppatore mobile. Spesso chi non è del mestiere sottostima i tempi di realizzazione, ma molto più spesso quelli della fase di test.
Se non calcolerai i tempi nel modo corretto, correrai il rischio di dover posticipare a catena tutta una serie di altre azioni, come la distribuzione, o gli eventi di lancio, e il ritorno che ne avrai.
Il processo di realizzazione di un'app non finisce una volta terminato lo sviluppo: oltre alla fase di testing che abbiamo nominato sopra c'è anche il monitoraggio dei bug e dei crash, oppure il caricamento di contenuti, la valutazione delle performance…
Tutte queste operazioni sono di solito molto immersive e portano via tempo, quindi si tende a dimenticarsi della consulenza legale necessaria per stilare una privacy policy adeguata. Oltre a questa, bisogna studiare prima della realizzazione dell’app come si opererà la gestione dei dati degli utenti.
Una consulenza sullo sviluppo app è quello che ti serve per ingranare la marcia giusta e procedere senza sorprese.
Contatta Pizero Design per una consulenza.
Sono ormai noti i benefici in termini di costi e tempi, ma ci si dimentica sempre di parlare di una cosa: qual è il costo di un software gestionale?
È evidente che soprattutto in questo periodo pandemico in cui la razionalizzazione costi diventa una priorità, sempre più aziende si chiedono come si possono abbassare i costi di un gestionale senza rinunciare alla qualità, all'efficienza e alla personalizzazione.
Ci sono alcune strategie, alcune più tecniche che riguardano la tipologia del software gestionale, altre più orientate al Project Management e alla gestione interna aziendale.
Vuoi avere una visione d’insieme e capire come abbassare in modo pratico il costo di un software gestionale?
Allora prosegui nella lettura!
È un problema spesso sottovalutato, ma ancora si vedono anche in aziende medio-grandi dei gestionali ottimi che non hanno fatto minimamente cambiare le procedure aziendali.
Un esempio pratico? Prendiamo l’impiegato che usa SAP o Infor tutto il giorno, e poi tiene nella cartella condivisa nel server aziendale un foglio Excel compilato manualmente con l’anagrafica del cliente.
Bisogna entrare nell'ottica di idee che quando l'azienda acquista e implementa un software gestionale, tutti i processi dell'organizzazione aziendale devono modificarsi di conseguenza.
Altrimenti si rischia paradossalmente di aumentare i tempi di gestione, e quindi anche il costo per l’azienda.
Le procedure aziendali possono essere ben definite, il software perfettamente funzionante e personalizzato, ma qualcuno si è occupato di formare i dipendenti?
Questo problema è incredibilmente comune dal più piccolo e-commerce alla srl più strutturata. Non solo all'interno dell'azienda è opportuno standardizzare il passaggio di conoscenze costante tra i dipendenti. Oltre a questo, bisogna anche preferire per lo sviluppo software una software house che spieghi il corretto funzionamento del gestionale alla persona che ne sarà incaricata in azienda, e lo comprenda nel costo di sviluppo.
Usciamo ora dalle considerazioni sull’organico aziendale e parliamo di un problema spesso trascurato: razionalizzare i consulenti per il proprio software gestionale. È un problema più comune per chi ha business più piccoli, dove ad esempio un consulente si occupa della creazione di un mini-gestionale di magazzino, un altro ancora della creazione del nuovo e-commerce, un terzo aiuta a implementare i pagamenti elettronici. Magari alla fine il budget è agli sgoccioli e bisogna ricorrere al fai-da-te cercando disperatamente un gestionale per la contabilità gratis.
A volte la visione d'insieme di un consulente digitale aiuta a risparmiare nel costo di un software gestionale, soprattutto se il consulente è in grado di fornire anche altri strumenti integrabili e a garantire la portabilità del gestionale.
La scelta di un solo consulente, inoltre, aumenta la trasparenza e più spesso consente di evitare fregature. Quante volte in azienda i problemi nascono dal fatto che i diversi organi non si parlino? Con un unico consulente digitale, questo non accade.
I vantaggi di realizzare un software in cloud su misura sono senza paragoni. Innanzi tutto, il costo del software gestionale rifletterà solo ed esclusivamente le funzionalità che hai pagato.
Niente rami secchi e funzionalità costose e inutili che rimangono lì, inutilizzate.
In più, un software in cloud è molto più facile da integrare con gli altri servizi digitali che la tua azienda ha già, ed è più facilmente accessibile da diversi tipi di dispositivi.
(Vuoi un esempio pratico? Guarda il progetto di Pizero Design per la mensa digitale, un programma che integra app, gestionale per l’invio ordini al ristoratore e strumenti di pagamento).
Un ultimo fattore da considerare è quello del costo del gestionale open-source. Soprattutto se sei un'associazione o una piccola impresa.
Mai sentito parlare del technology lock-in? Significa che il tuo gestionale è collegato a una specifica tecnologia, a un tipo di dispositivo, oppure a un certo provider di servizi cloud.
Questo non accade se la software house che sceglierai per aiutarti a sviluppare il tuo gestionale si impegnerà apertamente per scegliere strumenti open source, che garantiscano portabilità senza imprigionarti in un lock-in tecnologico.
Inutile dire che il costo di un software gestionale open source si abbassa notevolmente rispetto ai software proprietari.
Prima di operare la tua scelta del gestionale, consulta la pagina di sviluppo software in cloud di Pizero Design.
Ed ora… Buona scelta!